Pagina:Dopo il divorzio.djvu/194

Da Wikisource.

— 188 —


— Sì, maritatevi. Io voglio. Mia sorella è ricca. Ciò che è mio è suo, perchè io morrò prima di lei. Non so perchè, credo che morrò presto: credo che debbano ammazzarmi...

— Va là; è il vino che oggi comincia ad ammazzarti...

— Fratellino mio, che dici tu? Per le animuccie del Purgatorio, cosa dici tu? — esclamò atterrita la sorella.

— Tu non hai nemici, — osservò il pescatore. — Eppoi perisce di ferro soltanto colui che di ferro ha ferito.

— Io ho ferito, — rispose Giacobbe, con accento grave, affondando la bocca in una fetta d’anguria: — quante creature innocenti! Ah, voi non capite? Pecore e agnelli! — poi sollevò il viso, rorido del roseo sangue dell’anguria, e rise.

Dopo andarono a veder la casa nuova: era ad un piano, oltre il terreno; in tutto quattro camere vastissime, una cucina e una stalla, ma ciò bastava perchè Giacobbe, e tutti quelli del paese, la chiamassero palazzo.

— Ecco questo, ecco quell’altro, — diceva Giacobbe, additando ogni buco; ed il suo viso liscio, senza sopracciglia, ridiventava gioviale.

— Prendetevi mia sorella per moglie, — ripeteva. — Questa casa sarà sua...

— Tu mi deridi, — rispose il pescatore; — perchè sono povero tu mi deridi.

Egli camminava timidamente sul pavimento di legno; Giacobbe invece batteva il tacco ferrato,