Pagina:Dopo il divorzio.djvu/245

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Costantino lo guardava e taceva.

— Tu mi credi pazzo! — gli gridò il medico, andandogli addosso e minacciandolo con l’ombrello. — Una purga, capisci, una purga!...

— Ho sentito, — disse Costantino.

— Oh, meno male! Ho sentito anche io, che tu vuoi andar via. Viaaa! Va magari a casa del diavolo, ma va via. Prima, però, va al camposanto, a quel letamaio che voi chiamate cam-po-santo! E scava, scava come un cane, e roditi le ossa di Giacobbe Dejas.

Digrignò i denti, come rosicchiando delle ossa: era ridicolo e orribile, e Costantino tornò a guardarlo con stupore.

— Perchè mi guardi così? Tu sei stato sempre un cretino, caro mio, piccola bestia. Eccolo lì, tranquillo e pacifico come un papa! Ti hanno tolto tutto, ti hanno tradito, ammazzato, ti hanno percosso vilmente, come se percuotessero un cadavere, e tu stai lì istupidito e rimbambito. Ma perchè non ti muovi? Perchè non vai da quella mala femmina e da sua madre e da sua suocera, e le prendi per i capelli, e le attacchi alle code delle vacche che ti vogliono dare per elemosina, e metti fuoco alle loro sottane, e poi slanci le vacche per il paese, in modo che si incendi tutto? Tutto, capisci? Capisci, animale?

Gli urlava sul viso, emanando dalla bocca un pestilenziale odore d’assenzio, cogli occhi iniettati di sangue. Costantino indietreggiava, e le parole di colui lo facevano tremare.

Ma subito l’orribile uomo si allontanò, andò via, e volgendosi sulla porta agitò l’ombrello.