Pagina:Dopo il divorzio.djvu/47

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amico: e ad un certo punto la storiella diventò così amena che Giovanna sorrise vagamente.

E cammina cammina, venne il tramonto, e dall’alto delle montagne si vide il mare, steso come una fascia di vapori azzurrognoli nel chiaro orizzonte. Al di là delle brughiere, formate di macchie così potenti che resistono ai pazzi venti invernali ed alle saette del solleone, sugli altipiani melanconici, sorgenti come isole sconosciute in un mare di luce e di solitudine, sta il paesello delle Era, Orlei, nido di gente bella, forte e selvatica, dedita alla pastorizia e alla coltivazione del grano e del miele. I pascoli verdi, intersecati di roccie, in primavera folti di asfodelo e fragranti di menta e di timo, e i campi di frumento raggiungono e circondano il piccolo gruppo delle casette costrutte di pietra schistosa, lucente come argento brunito; e grandi alberi ombreggiano qua e là quel nido di quaglia posato fra il grano: in lontananza si vedono verdi linee di tamerice, foreste di timo e di corbezzoli, e gli sfondi infiniti dell’altipiano, stesi sotto un cielo chiaro di una dolcezza e d’una tristezza indicibili. A destra, su questo stesso cielo, posano, come immense sfingi, azzurre al mattino, color lilla al meriggio, e violacee o bronzine alla sera, le montagne solitarie, rigate di foreste, animate da aquile e da avoltoj.

Le Era giunsero al paese verso sera, quando appunto monte Bellu, il colosso delle sfingi, svaporava violaceo sul cielo cinereo. Il paesello era già deserto e silenzioso; sul selciato rozzo delle strade il passo dei cavalli risuonava come pioggia di pietre.