Pagina:Dopo il divorzio.djvu/73

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Costantino, nonostante l’angoscia fisica e morale che provava, ebbe pietà del compagno.

— Abbi pazienza, fratello caro, anche io sognavo d’essere a casa...

— Ah, mi pare che mi sfugga l’anima, — disse un altro. — Cosa diavolo ha questo bastimento? pare balli il ballo sardo! — e taluni ebbero forza di ridere per il paragone.

La tempesta proseguì. In certi momenti a Costantino pareva di morire, e aveva paura della morte, ma nello stesso tempo sentiva un dolore immenso della vita.

La sua anima parve imbeversi del liquido amaro ch’egli cacciava dallo stomaco convulso. Neppure nell’udire la sentenza di condanna egli aveva provato una disperazione simile. Cominciò anch’egli a gemere ed imprecare, stringendo i pugni e contorcendo le dita dei piedi gelati.

— Che tu possa morire così, come muoio io, cane omicida che mi hai rovinato... — diceva; e dai suoi occhi stillava lo stesso liquido amaro che gli inondava la bocca e tutta l’anima.

Verso l’alba la tempesta cessò; ma Costantino, anche dopo passatogli il male, non ritrovò pace; gli pareva lo avessero bastonato a morte, e tremava di freddo, di debolezza, di paura.

Il piroscafo non si fermava mai: oh, si fosse fermato almeno un momento! Un momento di tregua, pareva a Costantino, sarebbe bastato per ridonargli le forze smarrite, ma quel continuo procedere, quel continuo rullìo e quel continuo fragore di onde vio-