Pagina:Dopo il divorzio.djvu/77

Da Wikisource.

— 71 —


al santo i condannati innocenti. Il ritornello infatti diceva:


Santu Costantinu pregade,
Pro su condannadu innocente.


La composizione di questa lauda lo occupò completamente per molti giorni, rendendolo quasi felice: e quando la ebbe finita ne provò una gioia profonda. Subito sentì il bisogno di far sapere a qualcuno che aveva composta una lauda. Ma a chi dirlo? Il guardiano, un piccolo uomo napoletano, calvo, sbarbato, con un naso schiacciato e all’insù, che pareva il naso d’uno scheletro, qualche volta parlava col condannato, ma non era in grado di capir la lauda.

Nell’ora di aria era proibito assolutamente al condannato in segregazione di rivolgere la parola ai compagni. Allora egli chiese di confessarsi, per poter recitare la lauda al confessore. Il confessore, cioè il cappellano dello stabilimento, era giovine e intelligente; un settentrionale dai movimenti rapidi; alto, scarno, svolazzante, con vivissimi occhi neri. Ascoltò pazientemente Costantino, si fece tradurre la lauda; poi gli chiese se, volendosi confessare per poter recitare quei versi, non avesse peccato di vanità. Costantino arrossì e disse di no. Il confessore sorrise benevolmente, lo confortò, lodò i versi, e lo mandò via assolutamente beato.

Dopo pochi giorni il condannato chiese nuovamente di confessarsi.

— Ebbene, avete composto un’altra lauda? — chiese benevolmente il cappellano.