Pagina:Doyle - Le avventure di Sherlock Holmes.djvu/66

Da Wikisource.

— 60 —

dietro questa cassa, e voi imboscatevi dietro quella. Quando compariranno, proietterò su loro un fascio di luce, e voi vi slancierete dietro ad essi.

Non hanno che una porta di uscita, dalla cantina Wilson, verso lo square.

— Appostai colà due agenti, disse Peter Jones.

— Allora la rete è ben tesa: aspettiamo. Spengo.

Tutto si avvolse nelle tenebre. Rannicchiato nel mio nascondiglio, col revolver carico innanzi a me, attendevo. E i minuti scorrevano lenti come delle ore.

Di repente una fascia bianca, come una linea, apparve sul suolo; si estese, si allargò, divenendo più lucente. Indi senza rumore, un buco parve formarsi, e una piccole mano, delicata come una mano di donna, comparve nel quadrato di luce.

Indi tutto ridivenne oscuro, la mano sparve, il buco si rinchiuse.

Un minuto passò. Un rumore sordo fu udito; una delle pietre, sotto una forte spinta, girò sopra sè stessa, e si abbattè da un lato, lasciando un buco spalancato, inondato di luce. Una testa comparve, piccina, molto giovane, la quale curiosamente ispezionò il punto ove noi eravamo nascosti. Delle spalle uscirono, vidi due ginocchia che vennero ad appoggiarsi sul limitare dell’orifizio. E porgendo la mano al suo complice rimasto abbasso, John Clay lo aiutò a salire.

Un’altra testa, esangue, sormontata da un ciuffo di capelli ardenti comparve alla sua volta.

— Tutto va bene, mormorò Clay: non v’è nessuno. Hai gli utensili?... Ah! siamo presi, fuggiamo!

Holmes diffatti era sorto dal suo nascondiglio.

Aveva afferrato il ladro, mentre l’altro, preso da Jones, riusciva a fuggire, scompariva dall’apertura lasciando nelle mani del poliziotto le falde del suo abito.

Clay aveva appuntato il revolver sull’amico mio,