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Pagina:Dresselio - Scola della patienza.djvu/256

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234 Scola della Patienza

tum probris, et contumelijs. Non est proinde, quod commovear, homuncio cum omni opprobrio dignus, et despectione.g Io non trovo il più accomodato medicamento per le piaghe della mia conscienza dell’ingiurie, e delle villanie. E però non hò di che turbarmi; io sono un’homicciuolo degno d’ogni opprobrio; e ogni dispreggio. Et ogn’uno potrebbe dire ai suoi maldicenti, quello che disse Seneca a i Romani: Gemite (diceva egli) et infelicem linguam honorum exercete convicio. Inflate. commordete; citius multo frangentis dentes, quam imprimetis.h Gemete pure à vostra posta, e esercitate cotesta vostra lingua infelice con dir male de gl’huomini da bene: su via, mordete pure allegramente, che in cambio di far loro danno più presto vi romperete i denti.

Il quarto conforto è, Che le