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426 | Scola della Patienza |
za di se stesso, quì si vede quanto sia mansueto colui, che da sì repentina miseria è stato percosso; quanto sia paziente, quanto modesto, e humile. E benche tal volta impunti un poco, e paia che vada titubando, nondimeno se hà cervello, subito si ravvede, e punto riacquista il senso, mostra la sua sapienza, essercita la mansuetudine, e dà essempio di modestia. Poiche come dice l’Ecclesiastico: Flagella, et doctrina in omni tempore sapientia.g I castighi, e le riprensioni si devon sempre ricevere con sapienza.
Tutti i libri di Seneca spirano non sò che del divino, e si doverino scrivere in tavole di cedro, e a lettera d’oro: Nondimeno par che fra tutti tenghino il primo luogo quei, che scrisse dall’esilio ad Helvia sua madre. Tanto più fù il cervello, che hebbe questo savio Romano, e tanto più seppe,