Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/108

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entrava nei cortili, si appoggiava alla sua stampella, ed aspettava in silenzio.

Tosto la massaia le portava una traboccante scodella di mosto, ed ella beveva golosamente fino all'ultima goccia, deponeva la scodella per terra, e se ne andava in silenzio com'era venuta: verso un'altra fattoria, verso un'altra scodella.

Gasparone, la guardia municipale che all'epoca della pigiatura per ordine superiore correva i dintorni in traccia di risse che non avvenivano, scovava invece regolarmente ogni anno la mendicante ubbriaca fradicia sotto un albero, sulla riva d'un fosso, dietro un pagliaio, qualche volta nella cuccia d'un cane.

Egli la trascinava all'ospitale senza troppi complimenti, incoraggiandola con piccole piattonate. Un codazzo di monelli seguiva ridendo e beffando. Qualche buccia d'arancio e di mela volava sul capo di Nanna, ed allora ella si rivoltava, agitava la stampella, grugniva ingiurie cui rispondevano fischi e risate. Gasparone domava tosto il tumulto coll'autorità dei suoi baffi tinti, irti e minacciosi come due chiodi. Ma più spesso l'accattona si lasciava trascinare e beffare passivamente: la sua ubbriachezza era silenziosa e triste.

Chi a Castelluzzo poteva più interessarsi ad uno spettacolo tanto vecchio e tanto stupido?

Una sera però in causa di Nanna tutto il paese fu messo a subbuglio.

Il segretario comunale, Giacomino Ganzetta, entrò in farmacia cogli occhi fuor dell'orbita.