Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/147

Da Wikisource.

Le due donne vi salirono egualmente, prese dalla febbrile ansia del ritorno. Non avevano mangiato nulla; Nanna però aveva un po' di pane e salame nella lunga tasca della sua gonna e l' offerse alla figlia che ingoiò qualche boccone nervosamente, mentre i cavalli stracchi s'avviavano.

Che stanchezza, quel viaggio!... Non finiva mai: la campagna sempre eguale; la pianura monotona nuovamente affogata nella nebbia; i paesetti insonnoliti nella grigia quiete del pomeriggio; i visi imbambolati del falegname colla pialla in mano, del calzolaio che imbrandiva una scarpa, che si affacciavano al passare della diligenza: sempre lo stesso, sempre lo stesso.... Faceva quasi freddo; Innocenza avrebbe voluto spingere la carrozza, frustare i cavalli a sangue, pur di arrivare più presto.

Nanna la guardava e non osava chiederle nulla. Tutte e due, senza dirselo, si sentivano stringere il cuore.

Ma ad un tratto, dopo una svolta, trasalirono insieme di sorpresa e di gioia.

Il bel fiume largo e silenzioso che passava davanti alla loro capanna, il loro amico, il caro confidente, che le ascoltava ogni sera chiacchierare presso al cancelletto, era là, all'improvviso, più largo e più azzurro nella piatta campagna.

— Mamma! Guarda, mamma! — esclamò Innocenza sporgendo vivamente il capo dal finestrino.

E tosto la nebbia plumbea parve sollevarsi