Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/207

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la disperazione li aveva scossi e afferrati con tal forza da render loro impossibile di resistere in mezzo ai ricordi di lui e alle imagini di dolore e di morte.

Erano fuggiti a precipizio, sperando in una sosta, in un'oasi di calma....

Ed ecco che tornando si accorgevano di aver portato con loro tutto quello che li rendeva infelici.

Dove il loro piccolo aveva passato gli autunni della sua breve esistenza, tutto, tutto, raccontava la sua storia gentile: la testina arruffata sbucava da ogni cespuglio, la vocetta squillante scampanellava in ogni voce e in ogni suono, il sorriso di lui rideva negli occhi di tutti i bimbi che passavano....

Ah, che pena, che pena!

Essi non uscivano, perchè il veder gente e il rispondere a condoglianze era loro insopportabile; non ricevevano nessuno; e là nella casa tutto era lui, tutto portava l'impronta del suo piccolo piede.

Battista aveva ben potuto nascondere in granaio la culla e il panchettino: non c'era filo d'erba, nè sasso, che non parlasse alla mamma del suo bambino.

E così, non volendo nominarlo per non accrescere la pena l'uno dell'altra, e pensandovi di continuo, e volendo celare reciprocamente l' angoscia, e indovinando che l' una e l'altro avevano pianto, e «si erano nascosti per piangere», i due giovani sposi avevano finito per sorvegliarsi a vicenda, per scrutarsi, per assumere