Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/25

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Finalmente eccolo, rombante e sibilante; ecco Folco in spolverina e berretto da viaggio che sporge il capo dallo sportello, agita il fazzoletto, e ride colla sua gran bocca.

Rosa è un po' pallida, ma sorride anch'ella dietro al marito, avvolta in un velo grigio, in un lungo mantello da viaggio che dà alla sua silhouette dei contorni molli e indecisi.

— Lode a Dio, state bene! — esclama il conte Ademaro non appena gli sposi hanno messo piede a terra. — Come va che siete tornati senza compiere il vostro giro?

— Prima di tutto i denari erano finiti, papà, — risponde Folco; — eppoi sentivamo nostalgia di questi luoghi, di voi, della casa.... non è verò, Rosa?

— Sì; — annuì mitemente la nuova sposa, benchè non fosse ben certa del significato della parola nostalgia.

Lo suocero le si rivolse con gentilezza:

— Clemenza si scusa di non esser venuta anch'ella alla stazione, ma con questo tempo temeva per i suoi reumi....

— Grazie....

S'incamminarono tutti verso l'ufficio bagagli per lo svincolo dei bauli e delle cappelliere.

Pioveva a dirotto. La carrozza di casa Novelli aspettava, coi due cavalli bianchi divenuti pepe e sale dagli anni, e al suo fianco la carrozza del dottor Fabrizi si pavoneggiava della nuova vernice, colla baia piena di guidaleschi che riassumeva col suo aspetto tutte le amarezze e le delusioni della razza cavallina.