Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/254

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— Troppo giusto! troppo giusto! — annuì il maggiordomo con ossequio, ed aiutato Gualtiero a salir sul calesse e ad avvolgersi le gambe negli scialli, assistè alla partenza di lui non senza permettersi di ricordare rispettosamente al signor duca che, dato l'uragano infernale, avrebbe potuto pernottare alla palazzina: in dieci minuti le stanze sarebbero state pronte.

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....No! No! Meglio quelle tenebre paurose, quella pioggia, quel freddo; meglio correre all'impazzata fra gli alberi che si curvavano fino a terra sotto l'urto del vento, fra i tuoni, e i lampi, e lo scrosciar del torrente; meglio sentire i cavalli balzare e fremere allo scoppiar delle folgori, e dover aguzzare gli occhi, e tenere il polso vigile e fermo, e stordirsi in quella guerra, piuttostochè agonizzare lentamente nella pace d'una chiusa stanza sotto il morso tenace del proprio dolore!

Già, anche nella pazza corsa attraverso alla foresta devastata dall'uragano, una voce perfida lo inseguiva, ed egli la discerneva nel sibilar del vento, nello scrosciar del torrente, che gli sghignazzava all'orecchio:

— «Ella ti ha baciato!... ella ti ha baciato! Per lui! per lui!...»

....Quanti giorni, quante notti, quanti anni, non aveva egli fantasticato, sognato follemente, la felicità inarrivabile di un bacio di lei?... Quante volte non si era egli sdegnato acerbamente con sè stesso sorprendendosi a