Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/258

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-. ... «Ammogliato.... diviso dalla moglie.... con una bambina di otto anni in collegio a Losanna....» — ella legge con una voce diversa, strana, tremante e rotta. — Tu.... tu sapevi?

— Il pittore Lollita solo lo sapeva, e l'ha raccontato ieri a Santa Silia e a Vallotti in mia presenza.... Perciò indugiavo a darti la lettera.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Silenzio. Ella non piange. Si è appoggiata al davanzale della finestra, ha gli occhi spalancati e fissi sul mare che scintilla. Le sue mani tremano e tengono ancora la lettera, il suo volto sembra invecchiato, avvizzito a un tratto, reso più duro, più imperioso, più freddo. Somiglia alla nonna.

Dice a sè stessa:

— Non mi resta che morire.

Ed ecco, guarda la morte ai suoi piedi: la scogliera irta di punte, contro cui il mare combatte e si frange in una schiuma d'argento.

— Non mi resta che morire.... non mi resta che morire....

Ed ecco, vede il suo corpo giovane e bello dilaniato dagli scogli, portato lontano dalle furie del mare, scoperto, toccato, da mani villane; fatto mèta alla curiosità profanatrice del volgo.... poi lo scandalo, la vergogna, la pubblicità, che di ogni errore fa un'arma, di ogni passione ludibrio....

— Non mi resta che morire?....

Ed un'immensa pietà la prende, di sè, della creatura che forse le freme in seno, e un impeto