Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/289

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— Tu non sei cattiva.... Sei una povera bambina sventurata.

— Ah, è vero, Elmìr!... Tu solo puoi capire, tu solo!... quanto in mezzo a tutti gli splendori io sia sola ed infelice!... Sola!... in mezzo a gente che mi teme e che mi adula senza amarmi! Sola!... Quand'ero piccina, ed avevo più bisogno di tenerezza, d'amore, ma anche di verità, di disciplina, io non sentii che la voce della Fata che mi ripetè senza posa che ero bella, potente, ricca, e che tutto mi era concesso, tutto mi era dovuto! Mi mancò l'appoggio di una mano dolce e forte.... Come posso io non essere divenuta stupida e cattiva?... Il solco lasciato da questa infanzia desolata rimane forse per tutta la vita....- mormorò Biancofiore con accento di profonda amarezza.

Tacquero entrambi. Era la prima volta, la prima volta ch'ella disserrava il suo cuore, e non se n'era accorta.

— Ah, se avessi un bambino mio, quanto, quanto bene gli vorrei!... — esclamò la fanciulla ad un tratto, sollevando impetuosamente il capo.

Si fissarono negli occhi ed ella arrossì. Improvvisamente, provarono un leggero imbarazzo l'uno di fronte all'altro; si accorsero di essere soli, nella campagna deserta, al cadere del sole. E non c'era filo d'erba che non fosse fresco, nè fiore intorno, nè alito di vento, nè stormir di fronda, che non dicessero: primavera, speranza, amore....