Pagina:Drigo - La Fortuna, Milano, Treves, 1913.djvu/318

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— Dunque, Adelaide, non sei pronta? Noi partiamo.

Adelaide trasalì e raccolse precipitosamente lo scialle sul petto a nascondere la cravatta celeste che stava appuntando davanti allo specchio.

— Non so capire come si possa perdere tanto tempo a far toilette, — borbottò la zia incamminandosi verso la scala. — Non si direbbe certo che tu abbia passato dieci anni nella semplicità e nella preghiera, figlia mia.

Adelaide diede un ultimo ansioso sguardo allo specchio ed uscì dietro alla zia senza rispondere.

Tre ore dopo sedevano tutti in casa della sposa, lungo la tavola infiorata fatta in forma di ferro di cavallo, dove i mazzi contornati d'erba Luigia, e le fruttiere cariche di mele e d'uva malaga, e le torte a foggia di cuore e di stella, si alternavano.

Grandi piatti d'allesso e d'arrosto erano passati, grandi piatti di frittura agro-dolce; e la maestra Gabetti aveva confidato in segreto ai suoi vicini di mensa che all'ultimo sarebbe comparso un monumentale croccante da cui sarebbe volato fuori un uccellino.

— Non c'è che dire: la signora Elisabetta sa fare le cose per bene!