Pagina:Dumas - Il tulipano nero, 1851.djvu/111

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Al fracasso che Grifo aveva fatto cadendo, al rammarico che erasi lasciato sfuggire, fecesi sentire un passo precipitoso per le scale, e alla apparizione, che seguì immediatamente lo strepito del calpestio, Cornelio cacciò una voce, alla quale rispose il grido di una giovinetta.

Aveva risposto al gridò la bella Frisona, che vedendo suo padre disteso in terra e il prigioniero chinato sopra di lui, aveva creduto dapprima che Grifo, di cui ella conosceva la brutalità, fosse caduto per una rissa attaccata tra lui e il prigioniero.

Cornelio ne comprese il pensiero; ma la giovinetta, essendosi al primo colpo d’occhio assicurata della verità, e vergognandosi d’averlo solo sospettato, alzò sul giovine i suoi begli occhi lacrimosi, e gli disse:

— Perdono e grazie, o signore. Perdono di ciò che ho pensato, e grazie di ciò che avete fatto.

Cornelio arrossì, e rispose:

— Non ho fatto che il mio dovere di cristiano, soccorrendo il mio simile.

— Sì, e soccorrendolo stasera, avete dimenticato le ingiurie che vi ha detto questa mattina. Signore, è più che da uomo, è più che da cristiano.

Cornelio alzò gli occhi sulla bella fanciulla, tutto maravigliato di sentire dalla bocca di una figlia del popolo una parola al tempo stesso così nobile e così compassionevole.

Ma egli non ebbe tempo di testimoniarle la sua sorpresa; chè Grifo riavutosi aprì gli occhi, e con la vita ritornò la sua usuale brutalità:

— Ah! d’ecco cosa tocca! diss’egli, ci si affretta a portare da mangiare al prigioniero, si cade sorreg-