Pagina:Dumas - Il tulipano nero, 1851.djvu/131

Da Wikisource.

117


A che pensava il giusto che andava a morire? Non a’ suoi nemici, non a’ suoi giudici, non a’ suoi carnefici. Pensata a’ bei tulipani, che vedrebbe dall’alto dei cieli sia a Ceylan, sia a Bengala, sia altrove, allorchè assiso con tutti gl’innocenti alla destra di Dio egli potrebbe riguardare con compassione questa terra dove erano stati scannati Giovanni e Cornelio de Witt per aver troppo pensato alla politica, e dove si andava a scannare Cornelio Van Baerle per aver troppo pensato ai tulipani.

— Un colpo di spada, diceva il filosofo, e comincerà la mia bella visione.

Solamente restava a sapersi se come al de Chalais, come al de Thou e ad altri iniquamente uccisi, il boia non serbasse più di un colpo, quanto dire più di un martirio al povero tulipaniere.

Non per questo Van Baerle montò meno risolutamente li scalini del suo patibolo. Vi montò orgoglioso, che che ne fosse, di essere l’amico dell’illustre Giovanni e il figlioccio del nobile Cornelio, che i furfanti accalcati per vederlo avevano spezzato e arrostito tre giorni innanzi.

S’inginocchiò, fece la sua preghiera e rimarcò non senza provare una viva gioia, che posando la sua testa sul ceppo, e tenendo gli occhi aperti vedrebbe fino all’ultima momento, la finestra ferrata del Buitenhof.

Era venuta finalmente l’ora di venire a quell’atto: Cornelia posò il suo mento sul ceppo umido e freddo; ma in quel momento a suo malgrado gli si chiusero gli occhi per sostenere più risolutamente l’orribile fendente che era per cadergli sul collo e per rapirgli la vita.