Pagina:Dumas - Il tulipano nero, 1851.djvu/246

Da Wikisource.
232


Ma giunta in Groote Markt, Rosa si fermò su due piedi: chè presela un subito pensiero, simile alla Minerva d’Omero, che prende Achille per i capelli nel momento che la monta nelle furie.

— Mio Dio! ella mormorò, ho fatto uno sbaglio massiccio; ho forse perduto e Cornelio e il Tulipano e me...! Ho svegliato il formicolaio, ho dato l’indizii; io non sono che una donna, e costoro possono legarsi contro di me, e allora sono perduta... Oh! perduta io, non vorrebbe dir nulla, ma Cornelio, ma il tulipano!

Stiede un momento sopra se stessa.

— Se vado da questo Boxtel, e che io nol conosca punto; se questo Boxtel non fosse il mio Giacobbe, se fosse un altro amatore che lui pure avesse scoperto il tulipano nero, od anco se il mio tulipano fosse stato rubato da un altro e non da chi sospetto, o che sia passato in terza mano; se mi fosse appieno sconosciuto l’uomo, e riconoscessi solo il mio tulipano, come provare che sia il mio? Da un altro canto se io riconoscessi questo Boxtel per il falso Giacobbe, chi può sapere come la cosa la s’andasse. Mentre che noi staremmo a contrastare insieme, il tulipano morrebbe. Oh! ispiratemi voi, Vergine santa! Si tratta della sorte della vita mia, si tratta del povero prigioniero, che forse in questo momento medesimo rende l’anima a Dio.

Fornita questa preghiera, Rosa attese religiosamente la ispirazione che invocava dal cielo.

Frattanto un gran sussurro alzavasi alla estremità di Groote Markt; le genti accorrevano, schiudevansi le porte; e Rosa sola era impassibile a tutto questo movimento della popolazione.