Pagina:Economisti del Cinque e Seicento, Laterza, 1913.djvu/18

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8 l'alitinonfo

non che per la virtú loro stanno in ogni cimento di fuoco, e mostrano paragone delle loro perfezioni in esso fuoco: cosa che non possono fare gli altri metalli.

CAPITOLO III

Che cosa sia oro ed argento misto.

È però d’avvertire che tutto l’oro e l’argento, che giamai, tanto in vasi o in altre cose simili quanto in ogni sorte di monete cosí antiche come moderne, fosse o sia o dovrá esser al mondo, ciascun di loro, nella sua sostanza, tutto è stato, è e sará il medesimo e d’una istessa qualitade. Egli è ben vero che, per la varietá e quantitá delle misture che con essi sono state accompagnate, e come anco molte volte sono cavati cosí dalle minère, in apparenza vari e diversi si sono dimostrati e si dimostrano. Ma in effetto, parlando d’oro e d’argento, è di bisogno intendere di quelli che siano puri e non con altra cosa misti. Il che si può facilmente conoscere, se siano puri o no, col mezo del ceneraccio, della coppella o del cimento: modi sicurissimi per separare da essi ogni sorte di mistura che con loro accompagnata si trovasse.

CAPITOLO IV

Qual si dee intendere oro ed argento puro.

Dico adunque che quasi tutto l’oro e l’argento, o almeno la maggior parte di essi, cosi li grezi delle minère come quelli che sono ridotti in monete ed in ogni altra sorte di opere, sono accompagnati con rame o stagno o piombo o altro metallo. Ma quell’oro, che si dice esser «puro», si chiama in Italia e in altre provincie «di denari vintiquattro»; e similmente l’argento fino si chiama «di dodici leghe»: le quali nominazioni