Pagina:Economisti del Cinque e Seicento, Laterza, 1913.djvu/374

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ho Stimato inutile l’apportare, come avrei potuto fare, gli alzamenti da cento o ducento anni in qua in tutti gli Stati d’ Europa; perché, non servendo ciò che a provare che cosi segue, ognuno può da sé nel suo paese e negli altri, de’ quali avrá cognizione, riconoscere la veritá.

CAPITOLO XVIII

Regole universali per le zecche, e prima dell’osservar la proporzione piú comune tra l’oro e l’argento.

Passeremo finalmente ad andar esponendo le regole piú universali che per governo delle zecche e custodia del commercio e mantenimento delle valute sono piú necessarie, esaminandole piú a minuto che ne’ precedenti capitoli non s’ ha potuto fare, essendo queste regole come una pratica delle teoriche insegnate. Sará dunque la prima regola: che nel valutar le monete d’oro e d’argento si deve osservar la proporzione che corre piú comune in quella provincia. L’oro e l’argento sono prezzi l’uno dell’altro, come giá si mostrò, e secondo la varia abbondanza dell’uno e dell’altro mutasi la proporzione con che l’uno all’altro si baratta, il che pure si provò sopra: onde ciascuna zecca dovrebbe valutare le monete sue d’oro e d’argento a quella proporzione che ne’ prezzi degli argenti e degli ori non coniati comunemente fra’ mercanti di quel paese vien osservata; e questa non suol esser giammai molto differente da un paese all’altro, se non sono molto distanti o vi sia qualche circostanza particolare che ne dia l’ impulso.

La Spagna riceve i suoi ori ed argenti dall’America, pochissimo essendo in oggi il provento di questi metalli dalle miniere de’ suoi regni, che pure, giá molti secoli, erano si copiose, che rendevano alla repubblica romana solamente in argento 25.000 dramme al giorno, che sono 142.578 marche all’anno, secondo narrano Strabone e Polibio, citati dal Bodeo nel quarto libro De asse, ove riduce questa somma a poco meno di un milione