Di que’ duri olmi a l’ombra, e di quel tasso,
Ve s’alzan molte polverose glebe,
Dorme per sempre, in loco angusto e basso, 16De la villa la rozza antica plebe.
L’aura soave del nascente giorno,
Di rondine il garrir su rozzo tetto,
Del gallo il canto, o il rauco suon del corno 20Più non gli desterà da l’umil letto.
Per lor non più arde il foco, o attenta madre
A le sue cure vespertine attende:
La balba famigliuola in grembo al padre 24Non repe, e baci invidiati prende.
Spesso a la falce lor cesse il ricolto,
Spesso domar le dure zolle i ferri.
Come lieti lor tiro al campo han volto! 28Com’ piegar sotto a’ gravi colpi i cerri!
Non beffi l’opre lor fasto superbo,
L’oscura sorte, i rustici diletti,
E non ascolti con sorriso acerbo 32De’ poverelli i brevi annali e schietti.