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della pazzia | 39 |
reciproca benevolenza, questa certamente non è sincera e durevole. Costoro sono di umore volubile ed intrattabile, e sono per altro troppo penetranti: hanno occhi di lince per iscoprire i difetti degli amici, e di talpa per vedere i propri, e quelli che si hanno nella bisaccia a tergo. Essendo dunque gli uomini soggetti a moltissime imperfezioni; e a queste aggiungendosi la differenza dell’età, e delle inclinazioni, tanti mancamenti, tanti passi falsi, tante vicende della vita umana; come mal potrebbe sussistere fra questi Arghi il legame dell’amicizia per un solo istante, se l’evithia come la chiamano i Greci, che in italiano equivale a stolidezza o connivenza, non venisse a sostenerlo? Servitevi dell’amore per giudicare dell’amicizia, essendo presso a poco la stessa cosa. Cupido, quest’autore, questo padre di ogni tenerezza, non porta forse una benda sugli occhi, che gli fa confondere il bello col brutto? Non è egli forse, che fa comparir bello il suo a ciascuno, onde il vecchio è tanto innamorato della sua vecchia, quanto il giovane della sua donzella? Queste cose si vedono dappertutto, e dappertutto si deridono; ma sono appunto queste cose ridicole che formano il nodo principale della società, e che più di tutto contribuiscono alla giocondità della vita.
Quel che abbiamo detto dell’amicizia, pensiamolo, e diciamolo pure con maggior ragione del matrimonio. Egli è (come voi forse pur troppo saprete) un nodo, che non può sciogliersi se non dalla morte. Eterni Dei! Quanti divorzj non seguirebbero, fors’anche cose assai peggiori del divorzio, se l’unione dell’uomo colla donna non fosse sostenuta, non fosse alimentata dall’adulazione, dalle lusinghe, dalla compiacenza, dalla voluttà, dalle fallacie, dalla simula-