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Pagina:Eminescu - Poesie, 1927.djvu/157

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Poesie 79

sperando indurti a odiarmi e maledirmi,
45perch’io senta che nel tuo soffio il soffio mio si spegne
e nella notte eterna senza traccia dispare.

LXIII.

EPISTOLA I.


Quando, colle palpebre stanche, la sera soffio sulla candela,
solo l’orologio seguita il suo viaggio sulla lunga strada del tempo;

poiché, quando scosto le tendine, e nella stanza
la luna versa su ogni oggetto la sua luce voluttuosa,

5quella luce fa sorger dalla notte del ricordo tutta un’eternità
di dolori, che noi sentiamo come in sogno, uno per uno.

O luna, signora del mare, tu scivoli sulla volta del cielo
e, ai pensieri dando vita, fai dimenticare il dolore;

migliaia di deserti risplendono al lume tuo verginale,
10e migliaia di boschi rivelan nell’ombra tremolio di sorgenti.

Su quante migliaia di flutti la tua signoria si stende,
quando navighi sulla mobile solitudine dei mari!

Quante sponde fiorite, quai palazzi e qual città,
avvolti nella tua luce mostri tu a te stessa!

15E in quante migliaia di case sei penetrata dalla finestra,
quante fronti chine dal pensiero, pensierosa hai guardate!



Ecco un re che ne’ suoi piani irretisce il mondo per un secolo,
mentre il povero a mala pena al domani può pensare.

Benché sorti differenti trasser fuori dell’urna del Destino,
20egualmente li governa la tua luce e il genio della Morte,

poi che schiavi ovver potenti, genii o idioti
trascinan tutti la medesima servii catena di dolore.