Pagina:Eminescu - Poesie, 1927.djvu/224

Da Wikisource.
146 Note


che si trattava delle ricchezze e degli splendori d’un re assiro reso infelice da una passione non corrisposta.... o qualcosa di simile. Questa poesia mi sembra ricordare che fu poi pubblicata verso il ’68 o il ’69 nella rivista Familia di Budapest. La sera dopo c’incontrammo di nuovo. Ma, durante il giorno, il giovanotto aveva sofferto di un dispiacere intimo. L’attrice s’era commossa assai poco della disgrazia del re assiro. Eminescu era questa volta sitt lenzioso e abbattuto. Rispondeva appena alle mie domande e la più lieve differenza di opinione lo irritava. Lo pregai tutta la sera inutilmente di mostrarmi qualche altra poesia o di rileggermi al meno quella che già conoscevo. Se n’andò a dormire per tempo e il giorno dopo a mezzogiorno, quando mi recai a trovarlo, lo trovai che dormiva ancora. Lo destai. Il malumore gli era passato ed anzi era più allegro e affabile del primo giorno che facemmo conoscenza. Passammo tutta la giornata a ridere e scherzare. Mi parlò dell’India antica, dei Daci, di Stefano il Grande e mi cantò la doina. Gli era passata tutta la tristezza del re assiro ed ora ne godeva in pace tutte le ricchezze e gli splendori. Cfr. I. L. Caragiale, In Nirvana in Momente, Schiţe, Amintiri, Bucureşti, Minerva, 1889.

XVI. - Prìncipe Azzurro dei Tigli.

Ai tempi in cui il bojaro Balș possedeva la tenuta di Dumbräveni, prese in moglie una cantante tedesca del Teatro Imperiale di Vienna. Costei portò con sè a Dumbrăveni una sua nipote perchè le tenesse compagnia. La nipote, natura passionale e romantica, s’innamorò pazzamente di un contadino di rara bellezza, portinaio delle distillerie di Dumbrăveni, e figlio di un tal Gheorghe Hodoroabă di Vereşti, uno dei villaggi della tenuta. La ragazza, dopo aver rubati alla zia 300 ducati, convinse il giovane a fuggire con lei, e siccome montava benissimo a cavallo, un giorno dette ordine di sellarle la cavalcatura sua preferita un selvaggio stallone dal manto nero - e fingendo di voler fare una passeggiata a cavallo, se n’andò a Vereşti. Lì era attesa sulle rive della Suceava che segna il confine colla Bucovina austriaca, da Hodoroabă. Quivi giunta, lasciò libero il cavallo ed essendo il fiume in magra, potè passarlo a guado coll’assenso delle guardie doganali, che non le fecero alcuna difficoltà. Il cavallo, dopo esce sersi sbizzarrito a correr qua e là, sì da divenir bianco dalla spuma di nero che era, tornò a casa solo, e cominciò a nitrire alla porta del castello perchè gli aprissero l’uscio della stalla. Il poeta, ascol-