Pagina:Emma Ivon - quattro milioni, Sommaruga, Roma, 1883.djvu/216

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— Sono io. Resti servita, e scusi se la ricevo così in disordine.

— Prego, prego - disse Stambecchi, fingendo di volersi levar il cappello.

— Tenga il suo cappello, non faccia complimenti.

— Come vuole - rispose Stambecchi; - e se lo ricalcò in testa per non ismuovere la parrucca - Io avrei a parlarle in molta confidenza per un affare un po’ delicato.

La levatrice aggrottò le ciglia e diede una occhiata di suprema diffidenza a Stambecchi; ma rispose con bonarietà:

— Dica, dica.

— Io sono pronto a fare qualunque sagrificio per ricompensare l’incomodo che lei dovrà prendersi, se vorrà esaudirmi.

Cosi dicendo, cavò dal portafogli una carta di visita, e un altro foglietto bianco che pareva un biglietto da mille.

Gli occhi della donna brillarono di cupidigia.

— Ho bell’e capito! - disse. - Si tratta di cose proibite. Io, caro signore, non sono la sua donna in questo caso.

— Ma prima almeno mi ascolti! - fece Stambecchi, riponendo nel portafogli il finto biglietto da mille - Quelli che mi mandano da lei non mi hanno certo ingannato.