Pagina:Emma Ivon - quattro milioni, Sommaruga, Roma, 1883.djvu/233

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chiaro, acciocchè io senta bene dietro le imposte. Il resto toccherà a lei.

— Va bene - disse il questore. Prese una annotazione, e poi, ritvolto a Stambecchi e col più lusinghiero dei suoi risolini, soggiunse:

— Dunque, ormai, ella è dei nostri?

— Si spieghi, signor questore.

— Fors’ella non ha ancor avuto il tempo di pensar sopra a ciò di cui abbiamo discorso nella sua prima visita. Io capisco che lei sarebbe un prezioso... ausiliario per me...

— Un momento... Io non sono al punto da avere bisogno per vivere di buttarmi a fare un mestiere che... il pregiudizio sociale condanna... Però, siccome, dice lei, io sono diventato per necessità uno dei suoi, ed ella crede che io potrei giovare all’ordine pubblico, non vedo che utilità avrei a rifiutare, quando la convenienza... capisce bene... è questione di puro interesse... non potrei avere altra spinta...

— Varrebbe dunque come dire che a seconda di ciò che io potrei proporle...?

— Ecco!

— Se io potessi farle ottenere dal ministero un assegno sui fondi segreti e sulla mia cassa di trecento lire al mese, crede lei di potermi... assecondare?

— È una miseria! - disse coraggiosamente Stambecchi.