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governo; allora volle disfarsi del Nicotera, che capiva era una debolezza per il ministero, e rassegnò le dimissioni. Il Re peraltro lo incaricò della formazione del Gabinetto, nel quale entrò il Magliani come ministro delle Finanze, il Perez come ministro dei Lavori Pubblici, il Bargoni come ministro del Tesoro, istituito allora in luogo del soppresso ministero di Agricoltura, e Crispi all’Interno.

Francesco Crispi era designato da lungo tempo come successore del Nicotera. Nelle vacanze parlamentari era stato a Berlino, a Vienna e in Ungheria, a Parigi e a Londra, e ovunque era stato accolto non come presidente della Camera, ma come uomo politico influentissimo. Sulla missione compiuta allora dal Crispi è sempre stato il velo del mistero, ma è certo che egli ne ebbe una di fiducia dal Governo, per trattare gli affari d’Oriente, d’accordo col Depretis, che nel nuovo Gabinetto si serbò la presidenza e il Ministero degli esteri.

Il Re era partito da Roma l’ultima volta il 20 dicembre quando il Gabinetto non si era anche costituito, e il Depretis andò a Torino a trattare con S. Maestà.

Il nuovo ministero non era più di Sinistra pura e per governare doveva appoggiarsi alla Destra, che non aveva per il momento nessuna velleità di salire al potere, né di osteggiare il Governo, come il Sella avevalo dichiarato in un colloquio col Re.

Caduto lo Zanardelli, le convenzioni ferroviarie erano state firmate e presentate al Parlamento insieme con la nuova legge elettorale, che stabiliva che l’elettore avesse 21 anni e pagasse 20 lire d’imposte.

Il 28 dicembre il Papa tenne l’ultimo Concistoro, il 29 il Re tornò a Roma per l’ultima volta. Il primo era vecchio cadente; il secondo nella pienezza della virilità, ma su Pio IX e su Vittorio Emanuele la morte aveva già stesa la sua ala funerea.