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Che udran da noi quand’Ei, commosso al flebile
     Grido Latino,
La Corona gettò dei Re Sabaudi
     Là dal Ticino:
Quando i suoi prodi afferravan le briglie
     Del Re Guerriero
Cacciante nel fragor delle battaglie
     L’arduo destriero:
Quando, recinta la fronte d’un fulgido
     Serto d’amore,
Ei cavalco tra la follia de’ popoli
     Liberatore.
E le cento città, tra i monti e l’isole
     Dove il si suona,
Furon le cento gemme che ingemmarono
     La sua corona».


Non rammento altro del bel carme e non so dove trovarlo. Questo mi scuserà presso l’autore di averlo presentato così, senza capo nè coda.

I lutti non erano terminati. Mentre a Roma si lavorava per fare solenni esequie al Re al Pantheon il 9 febbraio, un’altra morte venne a contristare non solo la capitale, ma tutto il mondo cattolico.

Pio IX, grave di anni, aveva superato una penosa malattia, e si diceva pienamente ristabilito, quando il giorno 7 del mese di febbraio, alle 10 di mattina, si seppe che era aggravatissimo, non per la consueta infermità alle gambe, ma per una bronchite, malattia pericolosa, data l’età e la costituzione del Pontefice. E questo si seppe, o meglio si suppose, perchè dal Vaticano era partito ordine a tutte le chiese e parrocchie di esporre il SS. Sacramento, senza indicare lo scopo della esposizione.

Si sapeva che il Papa il giorno prima era in buona salute e aveva ricevuto diverse persone, e la notizia della sua grave infermità, sparsasi non si sa come, perchè l’uscita dal Vaticano era rigorosamente proibita a quanti vi si trovavano, gettò in Roma una specie di panico, ed era naturale. Dal 1870 non si era avverata nessuna morte di Papa, non era stato tenuto nessun conclave, e non sapevasi quali pareri avrebbero prevalso in Vaticano. Inoltre, era così recente la morte del Re, gli animi erano ancora così scossi, che ogni notizia funebre era capace di turbarli. E cosi, appena fu esposto il SS. Sacramento nelle chiese, una folla corse al Vaticano. I giornalisti, avidi di notizie; i cittadini, curiosi di novità; gli addetti alla Corte Pontificia, perplessi, formavano quella folla. Pochi privilegiati in piccol numero furono ammessi nel palazzo pontificio. Allora soltanto si seppe che il Papa, alle 4 della mattina, era stato colto da un violento accesso di febbre, e che tutti i cardinali residenti in curia erano stati chiamati al Vaticano. Prima che partisse l’ordine delle preci e della esposizione nelle chiese, monsignor Marinelli, sacrista maggiore, amministrava il Viatico al Pontefice, mentre nella camera di lui oravano molti cardinali. Il Papa volle comunicarsi da se, ma le forze gli mancarono, poichè la paralisi aveva già invaso il braccio destro, così che monsignor Marinelli dovette sostenere il braccio del morente, affinchè la mano potesse introdurre la particola fra le labbra.