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saliva, saliva lentamente, e alle 8 e 40 minuti giunse al piano dell’avello, entro il quale i sampietrini la murarono.

Oltre al corpo diplomatico assistettero alla tumulazione del Papa i Borghese, gli Aldobrandini, i Bandini, i Ricci, i Patrizi, i Piombino, i Colonna, i Caetani, i Cavalletti, i Fiano, i Gallese e i Torlonia. Anzi l’ultimo che baciò il piede di Pio IX fu appunto il principe Torlonia. Vi erano pure donna Laura Minghetti e l’ambasciatore d’Inghilterra presso il Quirinale. La famiglia Mastai assisteva da un coretto a tutta la cerimonia.

La sepoltura del Papa era soltanto provvisoria. In quell’avello sotto la cantoria deve esser sepolta la salma di ogni pontefice e rimanervi un anno, se prima di quel tempo non muore il suo successore. Pio IX aveva stabilito che il suo corpo dovesse riposare in un modestissimo tumulo nella basilica di San Lorenzo extra-muros, e che per quello non si dovesse spendere più di 400 scudi, cioé 2000 lire.

Il Pontefice era appena spirato e ancora si facevano i funerali per Vittorio Emanuele.

Il giorno 9 febbraio se ne celebrava uno a cura della famiglia reale nella chiesa del Sudario, al quale assistevano i Sovrani e il duca d’Aosta, il principe di Portogallo, e tutti i dignitari di Corte e i cavalieri dell’Annunziata. Un altro ve ne fu al Pantheon, solennissimo, il giorno 16. Il tempio cra stato addobbato con grandissima spesa, ma l’effetto che produsse fu tutt’altro che bello. Si ammirò peraltro la musica, e specialmente il Requiem e il Dies irae di Cherubini, e il Libera me Domine del Terziani.

Ma ritorniamo al Vaticano sul quale era in quel volger di tempo concentrata l’attenzione di Roma e del mondo intero.

Il sacro collegio dei cardinali, alla morte di Pio IX si componeva di 64. I cappelli essendo 70, ne erano vacanti sei. Si vuole che il Papa defunto si fosse proposto, in un prossimo concistoro, di conferirne quattro. La composizione del collegio era tale quale non si era vista da molti secoli. Avanti tutto è da riflettere che non vi erano che quattro cardinali viventi, creati da Gregorio XVI, cioè: Amat, Carafa, Schwarzemberg ed Asquini; gli altri 58 erano tutte creature di Pio IX, il quale ha sepolto 120 cardinali! Nel collegio prevaleva, è vero, l’elemento italiano, ma il numero dei cardinali stranieri superava il terzo della totalità, quando prima appena toccava il quinto. Infatti gli stranieri erano 25 così divisi per nazione e Stati: 8 francesi, 2 tedeschi, 5 austriaci, 4 spagnuoli, 3 inglesi, uno portoghese, il patriarca di Lisbona, uno americano, uno belga. Ed il loro numero era tale che se essi soli non potevano creare il Papa, potevano bensì impedire che gli altri lo facessero, essendo necessari all’elezione due terzi dei votanti.

Nell’elemento italiano era scarso il numero di coloro che appartenevano a grandi famiglie storiche. Era quasi un privilegio delle nobilissime famiglie italiane di avere un rappresentante nel S. Collegio, e le grandi case patrizie di Roma disponevano quasi del Papato. Alla morte di Pio IX non vi era un cardinale di famiglia patrizia, nè veneto, nė ligure; un solo nobile lombardo, il Borromeo, nessuno di Toscana, quattro soli romani: Bonaparte, Chigi, Antici e Di Pietro (famiglie moderne), uno di Napoli: Carafa, e nessuno di Sicilia. I Frangipane, i Savelli, i Conti erano spenti; i Colonna, gli Orsini, i Gaetani non avevano alcun rappresentante nel collegio, e non l’aveva neppure la nuova aristocrazia papale dei Borghese, Boncompagni, Rospigliosi, Altieri, Aldobrandini, Barberini, Doria Pamphili, ecc., perfino i banchieri, divenuti principi, come Torlonia e Grazioli, avevano sdegnato di mettere il collare di prete ad uno della famiglia. Tanto era decaduta la prelatura, che non si reclutava più tra baroni e marchesi, ma tra i clienti ed i domestici delle famiglie patrizie.