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Pagina:Emma Perodi - Roma italiana, 1870-1895.djvu/229

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marius
princeps chisius
s. r. e. mareschallus
perpetuus
mdccclxxviii


Quelle di bronzo e d’argento vennero distribuite ad altre persone.

Il giorno 19, verso le 3, cominciarono a vedersi per Roma le carrozze dei cardinali, che andavano al Conclave. Ogni cardinale avea seco un segretario e un servo. Dopo aver lasciato gli eminentissimi al Vaticano, le carrozze tornavano in città a prender bauli e valigie. Verso le 5 1/2 il movimento delle carrozze era cessato e si udì il suono di una campana che annunziava l’uscita dei profani e la chiusura del Conclave di dentro e di fuori. La chiave interna fu affidata al cardinal Camarlengo Pecci, quella esterna al Maresciallo Chigi, il quale abitava nella canonica della basilica. Della consegna delle chiavi si rogo istrumento pubblico dal maestro delle cerimonie, il quale riceve pure una chiave interna.

La mattina del 19 febbraio i cardinali si riunirono nella cappella Sistina ed assisterono alla messa dello Spirito Santo, che fu celebrata dal pro-decano di Pietro. Terminata la messa portata dinanzi all’altare la tavola dello scrutinio, e dopo che il maestro di cerimonie ebbe fatta lettura della chiusura del Conclave, si distribuirono le schede per lo scrutinio.

Monsignor Marinelli, sagrista, recitò allora il Veni Creator e tutti i conclavisti, cioè i segretari dei cardinali, dovettero prestar giuramento di serbare il più stretto silenzio sulle cose del Conclave.

Nel primo scrutinio di quella mattina il cardinal Pecci ebbe 19 voti, il Bilio 11 e il Franchi 5; gli altri voti andarono dispersi su molti candidati. Però sorsero dubbi sulla regolarità della votazione e su questo argomento si discusse a lungo e la votazione fu annullata.

Lo scrutinio segreto consiste in questo. Si eleggono prima tre scrutatori. Scritta e firmata la scheda e sigillata senza suggello proprio, il cardinale la depone in un calice a vista di tutti. Gli scrutatori le raccolgono, le esaminano, le leggono ad alta voce e notano in un foglio i voti. Se nessuno ha riportato il numero sufficiente, le schede si bruciano in un camino, insieme con un poco di paglia bagnata, per modo che il fumo si veda dalla piazza, e questa si chiama la sfumata.

Nello scrutinio delle ore pomeridiane, che fu pure lungo, perché la sfumata si vide verso le 7 1/2, il Pecci aveva riportato 26 voti. Allora si vuole che i cardinali Schwarzemberg e Simor domandassero al cardinal Bartolini, per chi credesse si dovesse votare, e che egli esponesse minutamente le ragioni per le quali credeva che i voti si dovessero dare al Pecci. I due cardinali austriaci dichiararono allora che i voti dei francesi e degli austriaci sarebbero stati per il Camarlengo; eguale dichiarazione fece il Franchi, il quale disponeva dei voti degli spagnuoli, così si può dire che il Pecci fosse già Papa nella prima giornata del Conclave.

La mattina del mercoledì, essendo tutti i cardinali rimasti fedeli alle promesse fatte, il Pecci fu eletto, e all’una e cinque minuti si spalancò l’invetrata della grande loggia, dalla quale Pio IX soleva dare la benedizione pasquale, e comparve un cardinale preceduto da una croce, il quale con voce commossa disse:

Annuncio vobis gaudium magnum: habemus pontificem eminentissimum et reverendissimum Dominum Joachinus Pecci, qui sibi nomen imposuit Leo XIII.