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Ognuno di questi fatti dava campo ai giornali di sbraitare e faceva nascere sfiducia nella popolazione.

In quell’inverno pure, mercè una convenzione firmata da un lato dai rappresentanti del Comune, della Provincia, dal Prefetto, dal deputato di Santo Spirito, che era Augusto Silvestrelli, e dall’altro dal cav. Noghera, come delegato della Cassa di Risparmio di Milano, il credito fondiario di quell’istituto prestò 6.700.000 lire al nostro massimo Ospedale, che potè in tal maniera sistemare le sue faccende finanziarie.

Il Minghetti non era stato dimenticato: l’Associazione della stampa fecegli fare una solenne commemorazione nell’aula del Collegio Romano, e il Bonghi con molto accorgimento invitò Francesco Crispi a parlare dell’estinto. Il 16 gennaio, in quell’aula ornata di trofei e di bandiere e nella quale era stato collocato il busto del Minghetti, modellato da Pio Gangeri, si riunirono i parenti del defunto, cioè Ferdinando Acton e il principe di Camporeale, gli ambasciatori, le dame di Corte e una folla di deputati e senatori.

Il Bonghi annunziò che l’Associazione aveva pregato il Crispi di parlare, «un uomo del quale basta dire il nome per saper chi sia e quanto abbia fatto per quella patria che il Minghetti amò tanto».

Francesco Crispi fece un vero discorso «principe» e chiamò Marco Minghetti il «Cavaliere del Parlamento, col quale era bello lottare».

Oltre le dimostrazioni per Dogali, ve ne furono altre a Roma in sui primi dell’anno provocate dalla presenza dei tre delegati bulgari, Stoiloff, Grekoff Kaltcheff, che erano venuti qui come nelle altre capitali per ottenere l’appoggio delle potenze in pro dell’indipendenza del loro paese.

Era ancora ministro degli esteri il conte di Robilant, il quale fece loro capire che la miglior cosa che potesse far la Bulgaria era quella di porsi d’accordo con la Russia. Gli studenti, che sono giovani, e s’infiammano per tutte le idee generose, vollero fare una dimostrazione a quei tre pellegrini, che andavano di paese in paese chiedendo un aiuto morale per la loro patria, e si recarono una sera con torce all’albergo del Quirinale, ov’erano alloggiati, mandando ai delegati una deputazione che non vide i bulgari perché erano assenti. Allora gli studenti credendo che fossero presso il ministro degli esteri, si avviarono alla Consulta gridando: «Viva l’indipendenza dei popoli! Viva la Bulgaria!», ma prima del Quirinale trovarono le vie sbarrate e non poterono passare,

Un poco più tardi vennero pure a Roma i principi imperiali del Giappone, che erano zio e zia dell’imperatore. Il principe si chiamava Akihito Komatsu: essi erano accompagnati da numerosissimo seguito e furono ripetutamente ricevuti al Quirinale. Il principe Akihito aveva la gradita missione di recare al nostro Principe di Napoli le insegne dell’ordine del Crysanthemo. Il Principe ereditario si trovava in Oriente, e le insegne furono consegnate al Re.

Un’altra gravissima sventura funestò una ridente regione d’Italia: il terremoto, che distrusse tanti fiorenti paesi della riviera ligure. Il Re, che aveva così largamente soccorso le famiglie dei morti e i feriti di Dogali, appena conobbe il disastro inviò alla Giunta municipale di Roma 150,000 lire affinchè si facesse iniziatrice di una sottoscrizione a pro dei danneggiati. La Giunta encomiò il Re «antesignano sempre d’ogni virtù cittadina» e votò 40,000 lire.

Due liete feste artistiche rallegrarono Roma nell’inverno. Una ebbe luogo al Circolo Artistico Internazionale per l’inaugurazione della sua nuova sede in via Margutta, e il Re vi partecipò visitando tutti i locali, e facendosi presentare molti artisti; l’altra fu una magnifica esposizione di tessuti e merletti, promossa al solito dal comm. Biagio Placidi e dal Museo artistico-industriale. Tutte