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Pagina:Emma Perodi - Roma italiana, 1870-1895.djvu/388

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sciava più il letto, aggiunse che l’Italia aveva regolato i suoi rapporti col papato mercè la legge delle guarentigie e a quella strettamente si atteneva.

Il 13 giugno, con insolita sollecitudine la Camera aveva terminato la discussione dei bilanci. Andrea Costa svolse allora un progetto d’iniziativa sua e di altri deputati socialisti per l’abolizione delle disposizioni penali che colpivano i promotori degli scioperi. Il Ministero si oppose alla presa in considerazione; la Camera respinse il progetto infliggendo una sconfitta a quell’esiguo partito parlamentare rappresentato dal Costa.

L’on. Cavallotti interrogò egli pure il Governo sulla partecipazione dell’Italia alla esposizione di Parigi. L’on. Grimaldi, ministro di agricoltura e commercio, espose le ragioni tecniche che militavano contro le partecipazioni; l’on. Crispi quelle politiche.

I lavori continuavano a essere sbrigati presto alla Camera, ove il Governo ricostituito non trovava più l’opposizione acerba di pochi mesi prima. Così furono approvati un credito di altri 20 milioni per l’Africa, la passeggiata archeologica, alcuni provvedimenti finanziari e altri ferroviari e il 30 giugno la Camera potè prorogarsi.

Il Senato peraltro continuò a tenere sedute e quando venne in discussione il credito per l’Africa, il conte di Robilant prese la parola per difendere la sua politica e parlò dignitosamente. Anche al Senato il credito dei 20 milioni fu approvato.

Fu fatta sulla fine di giugno l’emissione di 200 milioni di obbligazioni ferroviarie secondo una convenzione stipulata fra il ministro Magliani e i rappresentanti delle diverse società, e quella emissione incontrò favore sui diversi mercati finanziari, cosicchè i 200 milioni furono largamente sottoscritti.

Una visita del Re alle acciaierie di Terni valse una onorificenza al comm. Breda e fece nascere un pettegolezzo. Il Re ebbe una entusiastica accoglienza nella piccola città manifatturiera, alla quale partecipò pure il vescovo Gelli, andando ad ossequiarlo. I fautori della conciliazione videro in quel fatto un passo del Vaticano verso l’Italia, perchè Terni è fra le diocesi comprese nel già Stato pontificio, i clericali se ne adombrarono.

Per dileguare le speranze e i timori che quel fatto aveva potuto suscitare, fu pubblicata subito una circolare del nuovo segretario di Stato, cardinal Rampolla, ai Nunzi, che era una specie di risposta ai discorsi pronunziati dal ministro Zanardelli, e Crispi alla Camera, e toglieva ogni illusione su un possibile accordo.

La Conciliazione era il titolo di uno scritto del padre Tosti, dotto monaco benedettino, scritto che era dispiaciuto moltissimo al Papa. L’autore ne fece ampia ritrattazione, anzi lo rinnegò addirittura in una lettera diretta a Leone XIII.

A Siena, come già era avvenuto a Firenze in occasione dello scoprimento della facciata del Duomo, i Sovrani furono ossequiati dal clero quando vi si recarono alla metà di luglio, perchè il Vaticano manteneva la vecchia distinzione, e mentre ammetteva che nel resto d’Italia Umberto e Margherita fossero ossequiati come si conviene a Sovrani, nelle provincie del già Stato pontificio voleva fossero ignorati.

Il 7 luglio il presidente del Consiglio partì malatissimo da Roma per Stradella; fino a Chiusi lo accompagnò il ministro Saracco; dalle diverse stazioni erano spediti a Roma bollettini, perchè si temeva che il viaggio potesse riuscir fatale all’infermo.

Il Depretis potè sopportare i disagi del viaggio, ma venti giorni appena dopo che era giunto nel suo paese, cioè il 29 di luglio, cessava di vivere. Era il primo presidente del Consiglio che moriva in carica dopo la costituzione del regno d’Italia e gli furono fatti funerali degni del suo grado.