Pagina:Emma Perodi - Roma italiana, 1870-1895.djvu/425

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giore del male, perché si mettevano sul mercato terreni edificatorii, mentre ce ne erano già tant i e mancavano i mezzi per edificare.

Il 7 la stampa fu invitata dall’ingegner Narducci, che aveva tracciato e diretto i lavori, a visitare quel tratto della Cloaca Massima, ch’egli dopo lunghe e pazienti ricerche e superando grandissime difficoltà era riuscito a porre alla luce. E tutti lodarono l’opera dell’egregio ingegnere.

S. E. Crispi pronunziava il 14 a Palermo all’«Hòtel des Palmes» un discorso politico, nel quale egli parlò delle lotte che aveva dovuto sostenere durante i due anni di governo, delle riforme amministrative che avevano già portato i loro benefici frutti, del codice Zanardelli che dava l’unificazione penale all’Italia, dell’istruzione per la quale il suo gabinetto si era tanto adoperato, della beneficenza nella quale aveva apportato tanti miglioramenti, specialmente per quel che riguardava gli infortunii sul lavoro e l’infanzia diseredata, delle opere pie, dei lavori pubblici, delle relazioni fra Stato e Chiesa; disse che il Governo in nome della libertà aveva assicurato alla Chiesa l’esercizio costantemente completo dei suoi attributi religiosi e da Roma il Capo della Cattolicità parlava liberamente ai suoi fedeli, e provvedeva agli interessi del regime universale. Che sua sola cura era stata che il diritto ecclesiastico non invadesse il campo del diritto nazionale. Da qui provvedimenti legislativi men duri, del resto che in qualunque altro Stato cattolico; da qui la libertà lasciata, come al cattolicismo, ad ogni altro principio intellettuale. «Che se vi fu anche in tempi recenti, chi consenti a farsi in Roma carceriere degli italiani, non potrebbe l’Italia senza esser rea di suicidio, farsi in Roma carceriera della coscienza».

Egli parlo dei partiti politici, dell’esercito, della crise agricola, delle finanze, difendendo l’opera del suo gabinetto; mostrò la situazione dell’Italia in Africa e lo scopo pacifico delle alleanze, e concluse, bevendo:

«A questa Italia, cui tutta una dinastia di Principi valorosi, tutto un popolo di liberi cittadini, un passato di dolori, un presente di lavoro aprono, sicuro, l’avvenire».

Negli ultimi mesi non era stato altro che un succedersi di convegni tra Sovrani e tra principi. L’Imperatore di Germania, che aveva figurato in parecchi di essi, alla fine di ottobre si recava a Monza assieme con l’Imperatrice a far visita ai Sovrani d’Italia. La morte del re di Portogallo, avvenuta poche ore prima dell’arrivo di Guglielmo e di Vittoria, poneva in grave lutto la Corte, e faceva sì che gli Imperiali di Germania non si trattenessero nella villa reale altro che un giorno. Il Re e il Principe accompagnarono le LL. MM. Imperiali a Genova ove queste s’imbarcarono per la Grecia, poichè andavano in Atene per assistere al matrimonio della principessa Sofia di Prussia col Duca di Sparta, e dopo si recarono in Turchia. Dalla Turchia la coppia imperiale tornò il 12 novembre in Italia, e mentre l’Imperatrice visitava Venezia, l’Imperatore faceva una corsa a Monza, e di là partiva per Verona per raggiungervi l’augusta consorte.

Il 10 novembre ebbero luogo a Roma le elezioni amministrative: il concorso alle urne riusci meschinissimo e gli eletti furono 41 comuni alla lista del Comitato Monarchico e a quella del Comitato dei sette savi della Grecia, come si chiamava il Comitato Centrale, 23 della lista monarchica e 23 di quella Centrale. L’Unione Romana si era astenuta dal prender parte alle elezioni perché «la lotta fu portata da ogni parte nel campo politico».

Mentre il popolo correva alle urne, e in tutti era la speranza che la nuova amministrazione avrebbe saputo in modo efficace riordinare le finanze del Comune, un Decreto Reale, pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale il 9 a tarda ora, indiceva una inchiesta amministrativa del Governo