Pagina:Emma Perodi - Roma italiana, 1870-1895.djvu/470

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Il 1892.


La questione di Roma e i disoccupati — Soccorsi insufficienti — Le dimissioni del ministro Ferraris — L’on. Rudinì decorato da Francesco Giuseppe — Il duca d’Aosta e il duca degli Abruzzi a Roma — La cessione allo Stato della Galleria Torlonia — Le accuse contro il Villari — Gl’incendii e i vigili — Il soccorso del Re — I1 progetto di legge per Roma — I morti di quell’inverno — I balli e i ricevimenti — Le interpellanze per i disoccupati — Gandolfi e Baratieri — Il conte Taverna e il pettegolezzo pela sua nomina ad ambasciatore — Disavanzo non previsto — Le intemperanze di linguaggio alla Camera — Il processo per i fatti del 1° maggio 1891 — Ambasciatori nuovi e visite principesche — Il conte di Torino e la società romana — L’opera benefica della Regina — Dimissioni del Ministero — La crise è scongiurata, ma scoppia subito di nuovo — Il gabinetto Giolitti — Le precauzioni per il 1° maggio — Il comitato per le nozze d’argento dei Sovrani e la volontà del Re — Il congresso dei rappresentanti della Croce Rossa — Il viaggio dei Sovrani in Germania — La morte del ministro Ellena — Séverine al Vaticano — I clericali e Cristoforo Colombo — La festa colombiana di Genova — Il monumento al cardinal Massaia — L’esposizione di Roma e la crise in Campidoglio — Don Emanuele Ruspoli sindaco — Le elezioni generali — La morte del ministro Saint-Bon — Le rivelazioni dell’on. Colaianni alla Camera, sulla Banca Romana — La commissione d’inchiesta — Preparativi di feste papali e reali.


Il 1890 aveva legato al suo successore la quistione di Roma, e il 1891 faceva altrettanto con l’anno nascente. Lunga, intricata e dolorosa questione era quella, e pur troppo doveva lungamente ancora agitare la capitale.

Il memento continuo della necessità che il Governo pensasse a riprendere i lavori edilizi secondo la legge del 1890, e ne regolasse con legge il proseguimento, lo pronunziava la miseria, con molte e diverse manifestazioni, e la carità pubblica e quella privata erano impotenti a farle tacere.

Fu fatta una distribuzione di oggetti di vestiario, di balocchi e di dolci all’anfiteatro «Umberto I» il giorno della Befana. Un comitato di signore e signori, che si adunava presso donna Carolina Rattazzi, fece miracoli per mettere insieme maggior roba da dispensare, ma la quantità di donne e di bambini che aspettarono ore e ore sotto una pioggia dirotta e gelata per avere un piccolo dono, il loro aspetto desolante, la eloquenza disperata con cui le madri esponevano i bisogni delle loro creature, fecero capire che la miseria era anche maggiore dell’anno precedente quando l’Albero di Natale era stato eretto per cura di Olga Lodi nel palazzo delle Belle Arti. Allora a trattenere la folla invadente dei miseri era bastata una linea di sofà disposti intorno all’albero e la voce delle signore, che distribuivano i doni; qui bastavano appena le porte dell’anfiteatro ben guardate da carabinieri; e se al palazzo di via Nazionale erano accorsi in una bella e serena giornata invernale un diecimila poveri, all’«Umberto» ne vennero più del doppio, sfidando la pioggia e il freddo intenso.