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Questo progetto rimandava i lavori alle calende greche e perpetuava il triste spettacolo annuo di dover andare sempre alla Camera a chieder l’elemosina per Roma. Peraltro per dare un po’ di lavoro alla turba dei disoccupati si cominciarono i lavori alla villa Patrizi per dare assetto al piazzale di Porta Pia e procurare accessi al Policlinico, si mise mano a quelli della stazione di Porta Cavalleggeri e al nuovo Manicomio di Sant’Onofrio.

L’on. Lucca, così tormentato dai disoccupati, aveva speso il tempo in un lavoro importante presiedendo una commissione incaricata del riordinamento delle forze disperse della beneficenza romana. Quel lavoro che fu compiuto doveva, se non rimediare alla piaga della miseria, almeno dare alla Congregazione di Carità, mezzo di alleviarla.

Nessun flagello fu risparmiato a Roma in quell’inverno. Infieriva l’influenza, al solito, e si ebbe anche un fortissimo terremoto il 23 gennaio, alle ore 11 e 25 di sera, che se qui non produsse danni, ne recò però a Civita Lavinia, a Velletri, e vi fu anche una inondazione del Tevere. Le acque invasero i quartieri bassi della città, quello del Testaccio e le vigne di San Paolo, e l’Aniene straripò pure.

Anche in quell’inverno Roma fece moltissime perdite dolorose. Mori Pietro Venturi, buon cittadino, già sindaco della città; poco dopo tennegli dietro il senatore Bardessono, già prefetto; quindi il senatore Volpi-Manni, colui che prima dell’occupazione di Roma, aveva raccolto il plebiscito di adesione dei viterbesi alla monarchia, e lo aveva recato a Firenze. Si spense pure, nel suo villino in via Milano, Emilio Broglio, il patriota lombardo, l’autore della storia di Federigo il Grande, l’ex ministro, l’ammiratore entusiasta del Manzoni, il compilatore del vocabolario della lingua italiana, prima con la cooperazione di G. B. Giorgini e poi di Aurelio Gotti. Anche Nicola Ferracciù venne a morte nella casa che abitava al Lungo Tevere dei Millini. Due volte era stato ministro; la prima della Marina, la seconda di Grazia e Giustizia, e come già ho avuto a narrare, si dimise in seguito al processo Sbarbaro, per avere scritto una lettera amichevole all’imputato, che Sbarbaro lesse all’udienza.

Anche il Vaticano fece una perdita per la morte del cardinal Mermillod, avvenuta nel villino Folchi, nel quartiere Ludovisi. Era uno dei cardinali più fanatici del Sacro Collegio e prima che ricevesse la porpora aveva sofferto l’esilio dalla Svizzera, sua patria, appunto per il suo zelo. Intelligente, insinuante, dotato di maniere cortesi, aveva numerosissime ammiratrici fra le dame devote di Svizzera e di Francia. Morendo lasciò i suoi ricchi mobili ai poveri. Non fu il solo cardinale che mancasse in quell’inverno. Prima di lui era morto a Propaganda Fide, il cardinal Simeoni, e la sua salma veniva portata col carro dei poveri al Campo Verano.

E giacchè ho nominato il villino Folchi, dirò che vi fu a Roma una gran diceria per la cattiva amministrazione che il proprietario di quel villino, monsignor Folchi, aveva fatta del danaro dell’obolo di San Pietro. Si parlava di milioni impegnati in cattive speculazioni e dati a patrizi romani travolti nella rovina. Monsignor Folchi perdè la carica e all’amministrazione dell’obolo fu posta una commissione di tre cardinali, presieduta dal severissimo cardinal di Ruggiero, al quale il Papa aveva pure affidata la Prefettura dei Palazzi Apostolici, dopo che per l’elevazione di monsignor Luigi Ruffo-Scilla alla porpora, avevala staccata dal Maggiordomato.

La miseria, le morti, i flagelli e le sventure non impedirono che il carnevale e la quaresima fossero brillantissimi, perchè appunto con l’intendimento di sollevare la miseria le signore davano balli e preparavano feste di beneficenza.

La Corte dette due balli molto belli, che riuscirono più animati per la presenza del duca d’Aosta