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prevedibile, un grande fermento fra i deputati della estrema sinistra, i quali ricorsero all’ostruzionismo per ritardarne l’approvazione, che a farli respingere riconoscevansi impotenti.

L’on. Luigi Ferrari, quasi presago della fine che doveva fare, difese strenuamente i due progetti di legge e si scagliò contro gli anarchici.

I provvedimenti proposti dal Governo ottennero alla Camera 180 voti favorevoli e solo 16 contrari, cioè quelli della montagna, e passarono pure al Senato, che approvò anche i provvedimenti finanziari.

Il processo contro il Lega fu molto sollecitamente istruito e più sollecitamente svolto. L’assassino nell’udire la lettura della sentenza, che condannavalo a 20 anni di reclusione, esclama: «Ora, da questa gabbia, voglio gridare: Viva l’anarchia!»

Dopo la rivista del giorno dedicato a commemorare lo Statuto, il Re assistè pure al collocamento della corona di bronzo, in onore dei caduti di Agordat, sul monumento di Dogali.

Terminato il processo per la Banca Romana il ministro Calenda ordinò un’inchiesta sull’operato della magistratura.

Lungo tempo durò quell’inchiesta e in seguito alla relazione presentata al guardasigilli fu promossa un’azione disciplinare contro il consigliere di Lorenzo, e contro il giudice che istruì il processo si chiese il parere della commissione consultiva.

Già nel mese d’agosto era incominciato un movimento in senso patriotico per festeggiare degnamente il 25mo anniversario della riunione di Roma all’Italia. La prima proposta partì dal Consiglio direttivo della Società dei reduci, che deliberò di farsi iniziatore di una grande manifestazione nazionale. Questa iniziativa si concretò con l’invito rivolto qualche tempo dopo dal presidente della Società dei reduci, on. Menotti Garibaldi, a tutte le associazioni consimili, di trovarsi a Roma per le nozze d’argento.

Anche il «Circolo Savoia» deliberava in novembre di convocare tutte le rappresentanze delle associazioni monarchiche di Roma, per costituire un comitato che organizzasse il convegno qui per il 25mo anniversario. Un onda di sentimento patriotico invadeva gli animi pensando alla data fausta che si avvicinava, e scordando i dolori e le lotte, si guardava con orgoglio alla grande conquista fatta con l’ingresso a Roma dei soldati italiani.

Tolto il Cavasola dalla prefettura di Roma, venne qui Alessandro Guiccioli, già sindaco della città, uomo che godeva molte simpatie e aveva larghe attinenze.

Dopo che il Crispi era salito al potere, le condizioni del paese avevano seguito una via ascendente di continuo miglioramento. L’aggio in settembre era sceso al 6%, la rendita era salita sopra al 90, la tranquillità ristabilita ovunque, anche in Sicilia, tanto che potè esser tolto colà lo stato d’assedio, e il generale Morra di Lavriano fu richiamato. Andò in sua vece il general Mirri ed a lui fu affidata, per misura di precauzione, la pubblica sicurezza in tutta l’isola.

Ai primi di settembre scoppiò come una bomba la notizia che il Re aveva nominato il cardinal Sarto, patriarca di Venezia e aveva concesso l’exequatur agli arcivescovi Ferrari di Milano, Svampa di Bologna e ad altri. Subito dopo si capì lo scopo di questa concessione lungamente ritardata, quando si lesse il breve pubblicato dal Papa per mezzo di Propaganda Fide, col quale istituiva nell’Eritrea la prefettura apostolica italiana con sede a Keren, e che aveva giurisdizione su tutta la zona su cui estendevasi l’influenza italiana. Era questa una prova d’italianità data da Leone XIII, perchè la chiesa in quelle regioni era per l’innanzi amministrata dai lazzaristi francesi, sotto la direzione di monsignor Crouzet, vicario apostolico.