Pagina:Eneide (Caro).djvu/161

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120 l’eneide. [395-419]

395Co’ fieri denti e con le bocche impure
Ghermir la preda, e ne lasciâr di novo
Vote le mense scompigliate e sozze.
     Allor, Via! dico a’ miei, di guerra è d’uopo
Contra a sì dira gente; e tutti a l’arme
400Ed a battaglia incito. Eglino in guisa
Ch’io gli disposi, i ferri ignudi e l’aste
E gli scudi e le frombe e i corpi stessi
Infra l’erba acquattaro; il lor ritorno
Stero aspettando. Era Miseno in alto
405A la veletta asceso; e non più tosto
Scoprir le vide, e schiamazzare udille,
Che col canoro suo cavo oricalco
Ne diè cenno a’ compagni. Uscîr d’agguato
Tutti in un tempo, e nuova zuffa e strana
410Tentâr contra i marini uccegli invano:
Chè le piume e le terga ad ogni colpo
Aveano impenetrabili e secure;
Onde securamente al ciel rivolte
Se ne fuggiro, e ne lasciâr la preda
415Sgraffiata, smozzicata e lorda tutta.
Sola Celeno a l’alta rupe in cima
Disdegnosa fermossi; e d’infortunii
Trista indovina, infurïossi, e disse:
Dunque non basta averne, ardita razza


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