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Pagina:Eneide (Caro).djvu/271

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230 l’eneide. [895-919]

895Navi ardete con me, ch’io da Cassandra
Di così far son ammonita in sogno.
Ella con un’ardente face in mano
Questa notte m’apparve, e m’era avviso
D’esser, com’or son, vosco, e ch’ella volta
900Vèr noi, prendete, ne dicesse, e Troia
Cercate qui; che qui posar v’è dato.
Or questa è nostra patria, e questo è ’l tempo
Di compir l’opra che ’l prodigio accenna.
Più non s’indugi. Ecco, Nettuno stesso
905Con questi quattro a lui sacrati altari
Ne dà l’occasïon, l’animo e ’l foco.
     Ciò disse: ed ella in prima un tizzo ardente
Rapì da l’are; e ’l braccio alto vibrando
Via più l’accese, e vèr le navi il trasse.
     910Confuse ne restaro e stupefatte
Le donne d’Ilio: e Pirgo, una di loro
Ch’era d’anni maggiore, e fu di molti
Figli del gran re Prïamo nutrice,
Donne, disse, non è, non è costei
915Nè Troiana, nè Bèröe, nè moglie
Fu di Doríclo: è Dea. Notate i segni:
Com’arde ne la vista, e quali spira
Ne l’andar, ne la voce e nel sembiante
Celesti onori. Io pur testè mi parto


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