Pagina:Eneide (Caro).djvu/312

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[645-669] libro vi. 271

645Si son da loro indegnamente ancisi.
Ma quanto ora vorrebbono i meschini
Esser di sopra, e povertà, vivendo,
Soffrire e de la vita ogni disagio!
Ma ’l fato il niega, e nove volte intorno
650Stige odïosa gli ristringe e fascia.
     Quinci non lunge si distende un’ampia
Campagna che del Pianto è nominata;
Per cui fra chiusi colli e fra solinghe
Selve di mirti, occulte se ne vanno
655L’alme, c’ha feramente arse e consunte
Fiamma d’amor, ch’ancor ne’ morti è viva.
     Qui vider Fedra e Procri ed Erifile
Infida moglie e sfortunata madre,
Di cui fu parricida il proprio figlio;
660Vider Laodamía, Pasífe, Evadne,
E Cènëo con esse, che di donna
In uomo, e d’uomo alfin cangiossi in donna.
     Era con queste la fenissa Dido,
Che di piaga recente il petto aperta
665Per la gran selva spazïando andava.
Tosto che le fu presso, Enea la scòrse
Per entro a l’ombre, qual chi vede e crede
Veder tal volta infra le nubi e ’l chiaro
La nova luna, allor che i primi giorni


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