Pagina:Eneide (Caro).djvu/343

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302 l’eneide. [45-69]

45Che per l’amena selva, e per la bionda
Sua molta arena si devolve al mare.
Questo era il Tebro, il tanto desiato,
Il tanto cerco suo Tebro fatale:
A le cui ripe, a le cui selve intorno,
50E di sopra volando ivan le schiere
Di più canori suoi palustri augelli.
Allor, Via, dice a suoi, volgete il corso,
Itene a riva. E tutti in un momento
Rivolti e giunti, de l’opaco fiume
55Preser la foce, e lietamente entraro.
     Porgimi, Èrato, aita a dir quai regi,
Quai tempi e quale stato avesse allora
L’antico Lazio, quando prima i Teucri
Con questa armata a’ suoi liti approdaro;
60Ch’io dirò da principio le cagioni
E gli accidenti, onde con essi a l’arme
Si venne in pria: dirò battaglie orrende,
Dirò stragi d’esserciti, e duelli
Di regi stessi, e la Toscana tutta,
65E tutta anco l’Esperia in arme accolta.
Tu d’Elicona Dea, tu ciò mi detta,
Ch’altr’ordine di cose, altro lavoro,
E maggior opra ordisco. Era signore,
Quando ciò fu, di Lazio il re Latino,


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