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Pagina:Eneide (Caro).djvu/357

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316 l’eneide. [395-419]

395Egli in persona, e non aborra omai
Il nostro amico aspetto. Arra e certezza
Ne fia di pace il convenir con lui,
E di lui stesso aver la fede in pegno.
Da l’altra parte, a mio nome gli dite
400Quel ch’io dirovvi. Io senza più mi trovo
Una mia figlia. A questa il mio paterno
Oracolo, e del ciel molti prodigi
Vietan ch’io dia marito altro ch’esterno.
D’esterna parte, tal d’Italia è ’l fato,
405Un genero dal ciel mi si promette,
Per la cui stirpe il mio nome e ’l mio sangue
Ergerassi a le stelle. Or se del vero
Punto è ’l mio cor presago, egli è quel desso
Cred’io che ’l fato accenna, e ’l credo e ’l bramo.
     410Ciò detto, de’ trecento, che mai sempre
A’ suoi presepi avea, nitidi e pronti
Destrier di fazïone e di rispetto,
Per gli cento orator cento n’elegge,
Ch’avean le lor coverte e i lor girelli,
415Le pettiere e le briglie in varie guise
D’ostro e di seta ricamati e d’oro,
E d’òr le ghiere e d’òr le borchie e i freni.
Al troian duce assente un carro invia
Con due corsier ch’eran di quei del Sole


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