Pagina:Eneide (Caro).djvu/427

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386 l’eneide. [895-919]

895Ch’io dir non oso, or, or, prego, rompete
Questa misera vita, or ch’è la téma,
Or ch’è la speme del futuro incerta;
E che te, figlio mio, mio sol diletto
E da me desiato in braccio io tengo,
900Anzi ch’altra novella me ne venga
Che ’l cor pria che gli orecchi mi percuota.
Così ’l padre ne l’ultima partita
Disse al suo figlio; e da l’ambascia vinto,
Fu da’ sergenti riportato a braccio.
905A la campagna i cavalieri intanto
Erano usciti. Enea col fido Acate,
E co’ suoi primi era nel primo stuolo.
Pallante in mezzo risplendea ne l’armi
Commesse d’oro, risplendea ne l’ostro
910Che l’arme avean per sopravesta intorno;
Ma via più risplendea ne’ suoi sembianti
Ch’eran di fiero e di leggiadro insieme.
Tale è quando Lucifero, il più caro
Lume di Citerea, da l’Oceáno,
915Quasi da l’onde riforbito, estolle
Il sacro volto, e l’aura fosca inalba.
     Stan le timide madri in su le mura
Pallide attentamente rimirando
Quanto puon lunge il polveroso nembo


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