Pagina:Eneide (Caro).djvu/598

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[1270-1294] libro xi. 557

1270Giunsele appunto ove divelta e nuda
Era la poppa; e del virgineo sangue,
Non già di latte, sitibonda scese
Sì che ’l petto l’aprì. Le sue compagne
Le fur trepide intorno: e già che morta
1275Cadea, la sostentaro. Arunte in fuga
Ratto si volge, di paura insieme
Turbato e di letizia; chè ne l’asta
Più non confida, e più di star non osa
Incontro a lei. Qual affamato lupo
1280Ch’occiso de l’armento un gran giovenco,
O lo stesso pastore, in sè confuso
Di tanta audacia, anzi che da’ villaggi
Gli si levin le grida, infra le gambe
Si rimette la coda, e ratto a’ monti
1285Fuggendo si rinselva: in cotal guisa
Arunte, dopo ’l tratto, impaurito,
Solo a salvarsi inteso, in mezzo a l’armi
Si mischiò tra le schiere. Ella morendo
Di sua man fuor del petto il crudo ferro
1290Tentò svelgersi indarno; chè la punta
S’era altamente ne le coste infissa:
Onde languendo abbandonossi, e fredda
Giacque supina; e gli occhi, che pur dianzi
Scintillavano ardor, grazia e fierezza,


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