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Pagina:Eneide (Caro).djvu/608

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[70-94] libro xii. 567

70Del nostro sangue. I campi son già bianchi
De le nostr’ossa. Ed io, folle, a che torno
Tante fïate al precipizio mio?
Chi così da me stesso mi sottragge?
Se, Turno estinto, io nel mio regno deggio
75I Troiani accettar, chè non gli accetto
Or ch’egli è vivo e salvo? e chè non pongo
Fine a la guerra, a la ruina espressa
Del mio regno e de’ miei? Che ne diranno
I Rutuli parenti? che diranne
80Italia tutta, quando a morte io lasci
(Voglia Dio che non sia) gir un che tanto
Ama la parentela e ’l sangue mio?
Rimira de la guerra come vana
Sia la fortuna. Abbi pietà del vecchio
85Dauno tuo padre, che da te lontano
In Ardèa se ne sta mesto e dolente.
Turno a questo parlar nulla si mosse
De la ferocia sua: crebbe più tosto
Il suo furore; e lo rimedio stesso
90Gli aggravò ’l male. Ei, come pria poteo
Formar parola, in tal guisa rispose:
Nulla per conto mio di me ti caglia,
Signor benigno: anzi, ti prego, in grado
Prendi ch’io per la lode e per l’onore


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