Pagina:Eneide (Caro).djvu/652

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[1170-1194] libro xii. 611

1170Ne grondan sangue, e ne rimugghia il bosco.
Tal del troiano e de l’ausonio duce
Era la pugna e tal de le percosse
E degli scudi il suono. A questo assalto
Il gran Giove nel ciel librate e pari
1175Tenne le sue bilance, e d’ambi il fato
Contrapesando, attese a qual di loro
Desse la sua fatica e ’l suo valore
De la vittoria o de la morte il crollo.
     Qui Turno a tempo, che sicuro e destro
1180Gli parve, alto levossi, e con la spada
Di tutta forza a l’avversario trasse,
E ne l’elmo il ferì. Gridaro i Teucri,
Trepidaro i Latini, e sgomentârsi
Tutte d’ambe gli esserciti le schiere.
1185Ma la perfida spada in mezzo al colpo
Si ruppe, e ’n sul fervore abbandonollo,
Sí che la fuga in sua vece gli valse:
Ch’a fuggir diessi, tosto che la destra
Disarmata si vide, e che da l’else
1190L’arme conobbe che la sua non era.
     È fama che da l’impeto accecato,
Allor che prima a la battaglia uscendo
Giunse Turno i cavalli e ’l carro ascese,
1194Per la confusïone e per la fretta


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