Pagina:Eneide (Caro).djvu/656

Da Wikisource.
[1270-1294] libro xii. 615

     1270Allor per téma in sè Turno confuso,
Abbi, Fauno, di me cura e pietate,
Disse, pregando, e tu, benigna terra,
Sii del suo ferro a mio scampo tenace,
Se i vostri sacrifici e i vostri onori
1275Io mai sempre curai, che pur da’ Frigi
Son così vilipesi e profanati.
     Ciò disse, e non fu ’l detto e ’l voto in vano:
Ch’Enea molta fatica e molto indugio
Mise intorno al suo tèlo, nè con forza
1280Nè con industria alcuna ebbe possanza
Mai di sferrarlo. Or mentre vi s’affanna
E vi studia e vi suda, ecco Iuturna
Un’altra volta ne lo stesso auriga
Mutata gli si mostra, e la sua spada
1285Al fratello appresenta. E d’altra parte
Venere, disdegnando che la ninfa
Cotanto osasse, incontanente anch’ella
Accorse al figlio, e l’asta gli divelse.
Così d’arme, di speme e d’ardimento
1290Ambidue rinforzati, e l’un del brando,
L’altro de l’asta altero, un’altra volta
A vittoria anelando s’azzuffaro.
Stava Giuno a mirar questa battaglia
Sovr’un nembo dorato, allor che Giove


[776-791]