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i problemi della logica 133

ai concetti nominati, cioè una supposizione di continuità che costituisce il fondamento del metodo sperimentale.

Quando si tratta di esperienze qualitative, il carattere dipendente dagli elementi di una classe continua non potendo variare per continuità, si ammette a priori costante, almeno per una parte della classe, contenuta entro certi limiti che la separano da una classe contigua (ad es., per un corpo liquido fra le temperature di ebullizione e di solidificazione).

Esaminiamo invece il caso di esperienze quantitative. Si tratti, p. es., di verificare un’equazione del tipo a = b per gli oggetti di una classe continua, cioè (dato il carattere approssimativo di una tale esperienza) si tratti di riconoscere se sussiste per essi una diseguaglianza


ab < ε,


dove ε rappresenta l’errore d’osservazione.

La verifica si compie per interpolazione, cioè (riferendosi ad una classe unidimensionale) si esperimenta su alcuni oggetti e si estende il resultato agli altri oggetti, compresi fra quelli. In base alla presunzione che la relazione fra a e b dipenda in modo continuo dagli elementi della classe, si argomenta che essa sia costantemente a = b, se questo resultato corrisponde agli oggetti sperimentati.

Il principio che vale a porgere una misura del criterio interpretativo (in quanti casi la generalizzazione porti a previsioni giuste) è ancora il principio di probabilità, dove si accetti la così detta legge dei grandi numeri. Ma la probabilità matematica a cui (secondo codesta legge) è proporzionale il numeor dei casi favorevoli o contrarii ad una ipotesi, non è definita se non sia prima rappresentata la varietà dei casi possibili, subordinatamente a certi concetti.

Spieghiamo come il criterio di probabilità possa permettere di apprezzare il valore probativo dell’esperienza, riferendoci ad un semplice esempio.

Per ciò proponiamo di misurare la quantità di calore che può essere sviluppata da un lavoro meccanico di a chilogrammetri. Ammettiamo che la suddetta quantità dipenda soltanto dalla variabile a, e sia funzione continua f (a) di questa.

Se una prima esperienza fornisce:


f (a) = a: 427


uno sperimentatore non prevenuto nulla può trarne.

Ma supponiamo che una seconda esperienza conduca allo stesso numero, oppure che il resultato della prima esperienza sia stato precedentemente annunziato.