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230 capitolo v

potrebbe attribuire un significato al moto assoluto, definito nel modo detto innanzi.

Ma questa definizione ricompare sotto una nuova forma quando si postula (p. es. dal Wolkmann) un etere riempiente l’universo, rispetto a cui il moto venga considerato. È ben inteso che bisogna ritenere le parti di questo etere invariabili di posizione le une rispetto alle altre.

Il postulato dell’etere può in tal modo condurre ad attribuire un senso positivo al moto assoluto?

La risposta involge la discussione di qualche questione di fatto.

È evidente che la parola «etere» surrogata semplicemente allo «spazio vuoto» non dice nulla di più. Ma diverso è il caso se si ammette p. es. un’azione ritardatrice di attrito esercitata dall’etere sulla materia in moto, postulando in sostanza, in luogo della legge d’inerzia, la tendenza dei corpi ad uno stato limite di quiete relativa; allora questo stato limite viene preso come sistema di riferimento del moto cui si vuol attribuire un senso assoluto.

Però all’ipotesi anzidetta manca una base di fatto.

Più plausibile sembra considerare il «movimento relativo all’etere» come «movimento relativo alla luce o ad altri fenomeni elettro-magnetici», riattaccandosi ad un ordine di fatti cui appartiene l’aberrazione astronomica.

Ci riserviamo a ritornare nel cap. VI sulle questioni che qui prendono origine; ma diciamo fin d’ora che nell’aberrazione suddetta e nei fenomeni analoghi, le esperienze non mettono in luce nulla di più che il movimento dei corpi, gli uni rispetto agli altri.


Ritorniamo dunque al movimento relativo dei corpi.

Non potendo trovare qualcosa di fisso nel confronto di essi, individualmente presi, si affaccia naturalmente l’idea di derivare qualcosa di fisso dal loro insieme. Così p. es. nel sistema planetario si presenta non arbitraria la scelta del baricentro, come punto fisso di riferimento.

Ma presumibilmente (ammessa l’infinità dell’universo astronomico1) non esiste un baricentro del sistema di tutti i corpi celesti, cioè un punto limite dei baricentri dei diversi sistemi parziali di corpi, indipendente dall’ordine in cui i suddetti corpi vengano presi.

Tuttavia se l’universo astronomico non ci porge dei punti che possano ragionevolmente ritenersi come fissi, una semplice osservazione ci conduce a determinare delle direzioni fisse o quasi fisse relativamente all’insieme dei corpi.

L’osservazione a cui alludiamo è la seguente:

  1. Relativamente a questa ipotesi cfr. S. Arrhenius «Die Unendlichkeit der Welt» in Rivista di Scienza «Scientia», N. X, (1909).