risolvere anche di per se stesso le quistioni ed i dubbbj che sonosi mossi intorno di
essa. Comincia Dante dal significare allo Scaligero, come la fama della di lui
magnificenza erasi sparsa ovunque in Italia, e come egli avea creduto che quelle alte
lodi oltrepassassero di troppo l'essenza del vero. Perciò, per non restare più a lungo
incerto e dubbioso erasi portato a Verona ad ottenere testimonianza dagli occhi proprj.
Giuntovi, vide le magnificenze, vide e provò i benefizj, sì che agevolmente
conobbe essere degli encomj i fatti stessi maggiori. Per la qual cosa, come pel solo
udito gli era dapprima divenuto benevolo, così al primo vederlo gli divenue devotissimo
ed amico. Dichiara poi, che assumendo il nome d’ amico, non teme d’ incorrere
nella taccia di presuntuoso, avvegnachk pel sacro vincolo dell’amicizia si
leghino non tanto gli uomini fra loro eguali, quanto i disuguali: an:ù ( egU sog^
giunge ) a chi ben guarda apparirà, che i personaggi preminenti si stringono il pia
delle volte a* loro minori. Anteponendo pertanto a ogni.altra cosa V amicizia dello
Scaligero, egli protesta volerla con accurata sollecitudine conservare. Ma come a
mantener l* amicizia fa d’uopo di alcun che d* analogo}^ cosìj a retribuzione de* fattigli
benefizi, egli dice essergli sacro di seguire V analogia. Però avere riguardato atten»
iamente quelle eosarelle, che avesse potuto donargli; a vicenda averle segregate, e
le segregate poste a disamina, cercafidone per esso alcuna non del tutto indegna,
Ne alla premiti^nza del Signor di f^erona aver ritrovato pik congruo dono^ che la
sublime Cantica tdel suo Pbema, intitolata il Paradiso^ e questa voler a lui intitolare^
offerire e raccomandare. Ma novello nella di lui grazia, egli promette che^ poco di
sua vita curando, fin dal primordio s* affretterà, pia veloce alla meta. Però uelT ufilità
del Lettore dirà alcuna cosa per modo d* introduzione all’opera offertUm E tosto
incomincia un’esposizione minuta, a modo di quelle del Convito, che occupa la pia
lunga parte della Lettera, e che non ostante la sua luttghezza non oltrepassa il
Canto primo. Anzi, dividendo questo in due parti, prologo e parte esecutiva, e U
prologo in due parti pure suddividendo, non dichiara minutamente se non la prima
parte del solo prologo, e più sommariamente la seconda. Sei sono le cose ( egli apo^
ne ), che nel principio di qualsivoglia opera dottrinale sono a cercarsi, vale a dire
il snbietto, 1* agente, la forma, il fioe, il titolo del libro, e il genere di filosofia; e
mentre di queste fis parole, dice pure che il senso della sua opera non e semplice:
che anzi ella dee dirsi polisensa, racchiudendo più sensi; il letterale ch’è quello
che si ha per la lettera, e V allegorico eh* e quello che si ha dalle cose per la lettera
significate. Il qual senso allegorico dice racchiuderne altri duCy cioè il morale e l’anagogico, e reca ad esempio quelle Jrasi In ezitu Israel ecc. ych’egli dichiara appunto
secondo _ i quattro sensi sovraccemiati. Parlando poi del titolo dell’Opera, e dicendo
esser questo: La Commedia di Dante Ailigbieri, fiorentino per nascita, non per costumi ^
soggiunge che fa d* uopo sapere^ che Commedia dieesi da xeafiiì villa e da <u^ri canto,
laonde Commedia suona quasi canto villereccio. £m commedia infatti h una spezie di
narrazione poetica differente da tutte le altre: nella materia differisce dalla tragedia
per questo, che la tragedia è nel suo cominciamento mirabile e piana, e nella fine^
’ ossia catastrofi, fètida e spaventevole. Da ciò appunto è detta Tragedia» eioh da.
Tpayoif capro, e da cÌK^i? canto, quasi canto caprino, vale a dir fètido nella guisa
che il capro, come appare per Seneca nelle sue Tragedie, La commedia poi prende
eominoiamento dall’asprezza d’alcuna cosa, ma la sua materia ha fine prospero,
come appare per Terenzio nelle sue Commedie. Similmente ( ei prosegue ) nel modo
del parlare, la tragedia e la commedia sono fra lor differenti, perciocché l* una
elevato e st^lime, /’ altra parla rimesso ed umile. Di qui è palese perchà la sua
opera è detta Commedia; conciossiachè, se guardiamo alla materia, ella e nel suo
principio fetida e spaventevole, perch* è V Infimo; nel fine prospera, desiderabile
e grata, perch’è il Paradiso; te guardiamo al modo del parlare, egli è rimesso