Pagina:Epistole di Dante Allighieri.djvu/150

Da Wikisource.
106

risolvere anche di per se stesso le quistioni ed i dubbbj che sonosi mossi intorno di essa. Comincia Dante dal significare allo Scaligero, come la fama della di lui magnificenza erasi sparsa ovunque in Italia, e come egli avea creduto che quelle alte lodi oltrepassassero di troppo l'essenza del vero. Perciò, per non restare più a lungo incerto e dubbioso erasi portato a Verona ad ottenere testimonianza dagli occhi proprj. Giuntovi, vide le magnificenze, vide e provò i benefizj, sì che agevolmente conobbe essere degli encomj i fatti stessi maggiori. Per la qual cosa, come pel solo udito gli era dapprima divenuto benevolo, così al primo vederlo gli divenue devotissimo ed amico. Dichiara poi, che assumendo il nome d’ amico, non teme d’ incorrere nella taccia di presuntuoso, avvegnachk pel sacro vincolo dell’amicizia si leghino non tanto gli uomini fra loro eguali, quanto i disuguali: an:ù ( egU sog^ giunge ) a chi ben guarda apparirà, che i personaggi preminenti si stringono il pia delle volte a* loro minori. Anteponendo pertanto a ogni.altra cosa V amicizia dello Scaligero, egli protesta volerla con accurata sollecitudine conservare. Ma come a mantener l* amicizia fa d’uopo di alcun che d* analogo}^ cosìj a retribuzione de* fattigli benefizi, egli dice essergli sacro di seguire V analogia. Però avere riguardato atten» iamente quelle eosarelle, che avesse potuto donargli; a vicenda averle segregate, e le segregate poste a disamina, cercafidone per esso alcuna non del tutto indegna, Ne alla premiti^nza del Signor di f^erona aver ritrovato pik congruo dono^ che la sublime Cantica tdel suo Pbema, intitolata il Paradiso^ e questa voler a lui intitolare^ offerire e raccomandare. Ma novello nella di lui grazia, egli promette che^ poco di sua vita curando, fin dal primordio s* affretterà, pia veloce alla meta. Però uelT ufilità del Lettore dirà alcuna cosa per modo d* introduzione all’opera offertUm E tosto incomincia un’esposizione minuta, a modo di quelle del Convito, che occupa la pia lunga parte della Lettera, e che non ostante la sua luttghezza non oltrepassa il Canto primo. Anzi, dividendo questo in due parti, prologo e parte esecutiva, e U prologo in due parti pure suddividendo, non dichiara minutamente se non la prima parte del solo prologo, e più sommariamente la seconda. Sei sono le cose ( egli apo^ ne ), che nel principio di qualsivoglia opera dottrinale sono a cercarsi, vale a dire il snbietto, 1* agente, la forma, il fioe, il titolo del libro, e il genere di filosofia; e mentre di queste fis parole, dice pure che il senso della sua opera non e semplice: che anzi ella dee dirsi polisensa, racchiudendo più sensi; il letterale ch’è quello che si ha per la lettera, e V allegorico eh* e quello che si ha dalle cose per la lettera significate. Il qual senso allegorico dice racchiuderne altri duCy cioè il morale e l’anagogico, e reca ad esempio quelle Jrasi In ezitu Israel ecc. ych’egli dichiara appunto secondo _ i quattro sensi sovraccemiati. Parlando poi del titolo dell’Opera, e dicendo esser questo: La Commedia di Dante Ailigbieri, fiorentino per nascita, non per costumi ^ soggiunge che fa d* uopo sapere^ che Commedia dieesi da xeafiiì villa e da <u^ri canto, laonde Commedia suona quasi canto villereccio. £m commedia infatti h una spezie di narrazione poetica differente da tutte le altre: nella materia differisce dalla tragedia per questo, che la tragedia è nel suo cominciamento mirabile e piana, e nella fine^ ’ ossia catastrofi, fètida e spaventevole. Da ciò appunto è detta Tragedia» eioh da. Tpayoif capro, e da cÌK^i? canto, quasi canto caprino, vale a dir fètido nella guisa che il capro, come appare per Seneca nelle sue Tragedie, La commedia poi prende eominoiamento dall’asprezza d’alcuna cosa, ma la sua materia ha fine prospero, come appare per Terenzio nelle sue Commedie. Similmente ( ei prosegue ) nel modo del parlare, la tragedia e la commedia sono fra lor differenti, perciocché l* una elevato e st^lime, /’ altra parla rimesso ed umile. Di qui è palese perchà la sua opera è detta Commedia; conciossiachè, se guardiamo alla materia, ella e nel suo principio fetida e spaventevole, perch* è V Infimo; nel fine prospera, desiderabile e grata, perch’è il Paradiso; te guardiamo al modo del parlare, egli è rimesso